Il Terzo polo nato in provetta senza incontri Renzi-Calenda

I leader non si sono visti. Saranno in campo a Firenze e Roma1. Ma il 6% dei primi sondaggi non è incoraggiante

Il Terzo polo nato in provetta senza incontri Renzi-Calenda

Un colpo a sinistra: «Letta si è fregato da solo, sapeva benissimo che non avremmo accettato, dopo aver firmato col Pd un patto sull'agenda Draghi, un altro patto con chi dice che l'agenda Draghi non esiste - dice Carlo Calenda - Ma pensava che non me ne sarei andato perché non avevo la certezza dell'esenzione delle firme». Un colpo a destra: «Berlusconi ieri ha cacciato Draghi e ora vuole cacciare Mattarella, perché sogna di andare al Quirinale. Una voglia assurda, alla sua età».

É la dura vita del «front-runner» del Terzo Polo, che deve pescare consensi da una parte e dall'altra cercando di disinnescare quell'effetto polarizzazione che è la strategia che unisce Enrico Letta e Giorgia Meloni, per schiacciare le forze intermedie.

La strana coppia Calenda-Renzi ha un compito non facile, a quanto dicono per ora i sondaggi, e deve puree far dimenticare gli scontri e gli scambi anche virulenti tra i due leader, fino alla vigilia di un accordo in extremis siglato senza neppure che i due protagonisti, a quel che si sa, si incontrassero faccia a faccia, e senza una photo-opportunity con abbraccio o stretta di mano: «Non c'è stato il tempo», spiega il leader di Azione, «Matteo doveva andare alla Versiliana e il patto lo ho firmato con Ettore Rosato. Ma faremo presto iniziative e eventi insieme», assicura.

«Stanotte Azione e Italia viva Hanno chiuso il programma insieme, dopo 14 ore di verifica finale sui testi. Ora chiedo a tutti di abbandonare ogni forma di polemica e mettersi pancia a terra al lavoro per la campagna elettorale», incitava ieri mattina Matteo Renzi. Ma nei prossimi giorni sarà necessario fugare l'impressione che il parto sia stato più il frutto di una fecondazione in provetta che di una vera storia d'amore. «Devo riconoscere a Renzi grande generosità nel fare ciò che ha definito un assist, affidandomi il ruolo di guidare la campagna elettorale», dice il «front-runner», ricordando che sì, in passato hanno litigato e anche molto («Quando lui fece l'accordo con i 5S» per il Conte 2), ma che già alle Comunali di Roma erano alleati. I due leader saranno candidati a Roma1 (Calenda) e a Firenze (Renzi). Ma entrambi guideranno le liste in più circoscrizioni, mentre gli altri big saranno distribuiti «strategicamente»: in Campania Mara Carfagna, in Lombardia Mariastella Gelmini, in Emilia Matteo Richetti, Federico Pizzarotti e Luigi Marattin.

Intanto il Pd non perde occasione per bastonare il «traditore» Calenda, fuggito con un altro perché Letta flirtava con Fratoianni. Il segretario dem (che oggi dovrebbe comunicare alla Direzione Pd le liste elettorali del partito, su cui la rottura con Azione gli dà più spazio di manovra permettendogli di garantire i suoi e tener buone le correnti) tira fuori gli artigli: «Renzi e Calenda hanno una certa abitudine a fregare il prossimo. La loro «è una politica di voltafaccia, cambi e convenienze che non mi appartiene. Di quell'accordo che avevamo fatto è andato via Calenda ma l'altra parte, +Europa, è rimasta. Questo fa un po' pensare».

Dalle prime rilevazioni sul polo centrista arrivano simulazioni poco incoraggianti: la attuale percentuale, attorno al 6%, attribuita al ticket Renzi-Calenda, non risulterebbe decisiva se non in una quindicina di collegi nei quali la differenza tra centrodestra e centrosinistra risulta inferiore al 6%: nella Toscana di Renzi, nella Roma di Calenda, nelle

grandi città del Nord come Milano, Torino e Genova. Ma se il listone terzopolista raggiungesse il 10%, togliendo consensi al centrodestra, potrebbero tornare contendibile fino a 14 seggi alla Camera e 8 al Senato. Non pochi.

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