
Il problema sono stati i pantaloni. E dal paso doble al tribunale è stato inevitabile. Però ci sono voluti: un sacco di tempo (tra una cosa e un'altra nove anni), un avvocato decisamente motivato (Davide Favotto), qualche disturbo alla tiroide e la reputazione messa a dura prova. Alla fine di tutto però, Roberta Zoia, 51enne, insegnante di balli latino americani di Treviso (oggi ha una scuola tutta sua), è stata risarcita con 10mila euro dall'ex marito che l'aveva tradita perché il Tribunale le ha riconosciuto il «danno morale». La condotta dell'ex consorte ha infatti leso i diritti costituzionalmente garantiti di onore, dignità e decoro.
Ripartiamo dall'inizio, cioè dai pantaloni.
«Mio marito ed io gestivamo una scuola di ballo in provincia di Treviso, organizzavamo dei corsi e durante uno di questi ha conosciuto una giovane ballerina. Beh ho iniziato a rendermi conto di atteggiamenti sospetti. Ma un giorno gli ho trovato un bigliettino nella tasca dei pantaloni. Era inequivocabile. Da allora è iniziato l'inferno».
Cioè?
«Tutti sapevano, tutti parlavano, ma a me, in faccia, nessuno diceva niente. Lui ha minimizzato ma no, è una ragazzina (lei aveva 18 anni, lui 35, ndr), si è lasciata col fidanzato, ha bisogno di parlare».
E poi?
«Il cellulare e la macchina erano intestati alla società. Con le bollette arrivavano i tabulati telefonici. E poi c'erano i pedaggi autostradali. Telefonate di ore allo stesso numero anche di notte e messaggi. E trasferte in montagna di cui non sapevo nulla. E quando c'erano gare di ballo in trasferta faceva di tutto per lasciarmi a casa».
Aveva una relazione con la ballerina.
«Sì. E io ho cercato anche di pazientare. Un'unione di diciassette anni, una scuola di ballo messa su insieme... Gli ho detto che quella storia doveva finire subito. Me ne sono andata di casa per una settimana. E lui a quel punto mi ha chiesto di tornare, facendo promesse. Ma non è cambiato nulla. Anzi, nella tasca dei pantaloni stavolta ho trovato un cellulare che non avevo mai visto. Non mi fidavo più, non dormivo».
Sempre i pantaloni galeotti. Quindi cos'ha fatto?
«Ho deciso di separarmi, lui mi ha detto che avrei dovuto trovarmi un altro posto in cui stare perché la casa era sua e non mi ha più fatto entrare alla scuola di danza. Sono stata malissimo, ho avuto problemi alla tiroide, dieci influenze in un anno, non dormivo».
Da lì la causa risarcitoria?
«No. Prima c'è stata quella per il divorzio. Ma mi ha fatta talmente penare... non rispondendo alle chiamate e alle richieste del mio avvocato. Solo una volta chiuso il divorzio ho deciso per l'altra causa».
Si è sentita umiliata. Però ci ha messo la faccia.
«Tanto la verità viene sempre a galla. Non c'è da vergognarsi. Io non ho fatto nulla di male. E non l'ho fatto per i soldi. Ma per un principio. Che ho difeso per tutte le donne. Puoi smettere di amarmi, ma dillo. Non umiliarmi. E comunque ho deciso quando ho scoperto che mi aveva fatta anche spiare da un'agenzia di investigativa privata. A me e al mio compagno. Gli ha fatto mettere un gps sotto l'auto e ha mandato l'investigatore nella mia nuova scuola con una telecamerina sulla penna. Per vedere se gli avessi rubato degli allievi».
Beh un film. A lieto fine però.
È stata risarcita con 10mila euro. Ma soprattutto ha avuto giustizia. Ha festeggiato?«Ho mangiato una pizza con il mio nuovo marito. Con il mio ex ci siamo visti l'ultima volta in tribunale. Non ci siamo neanche salutati».
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