Testimonianze «univoche e concordanti», attestanti un «clima intimidatorio e di vessazioni». Per ora non siamo in un'aula di tribunale, ma l'accusa riecheggia uguale tanto nel rapporto della commissione interna dell'ospedale Santa Chiara di Trento, quanto nella relazione degli ispettori ministeriali.
E così, dopo il direttore generale, è stato allontanato anche un primario, capo della 31enne dottoressa Sara Pedri trasformatasi da 4 mesi in un fantasma che aleggia sulla coscienza di troppe persone. Nel suo reparto, quello di Ginecologia, «regnava il terrore»: lo scriveva lei, negli appunti segreti scritti con mano tremante. Lettere nelle quali emerge la paura di «sbagliare», di «non essere all'altezza», di «non reggere i ritmi di lavoro». Una serie di ansie che - si teme - l'abbia spinta a togliersi la vita. Troppo «stress», troppe «pressioni» per una donna sensibile che aveva indossato il camice bianco per vocazione, ritrovandosi però in una «realtà più grande di lei».
Cosa significano certe frasi di denuncia nel diario? Parole come «mobbing» e «persecuzione» hanno un fondamento di verità? Certo è che di Sara Pedri si sono perse le tracce dal 4 marzo, quando la sua auto è stata trovata su una strada che scavalca il fiume Noce; e quel tratto, tristemente noto col nome di «ponte dei suicidi», non promette nulla di buono.
Il suo corpo non è stato trovato, oggi la speranza di trovare Sara viva si è ridotta a un coriandolo. Nella sua abitazione, a Cles, in Val di Non, chi indaga ha trovato pagine di sofferenza psicologica che le dimissioni appena presentate al suo superiore (un primario da lei definito «Sovrano Illuminato») non erano bastate a lenire.
Sara era crollata sotto il peso di responsabilità che non riusciva più a gestire. Chi le stava accanto, e avrebbe dovuto aiutarla e sostenerla, l'aveva «scaricata» brutalmente. Almeno a dar credito alle versioni quanti Sara la conoscevano bene.
In attesa che questa brutta storia abbia sviluppi giudiziario, nell'ospedale si è cominciato a fare pulizia. Da domani è stato disposto «il trasferimento del direttore del reparto Ostetricia e ginecologia di Trento ad altra unità operativa e di un altro dirigente medico ad altra struttura ospedaliera dell'Apss (Azienda provinciale per i servizi sanitari)». Motivo? «Dopo aver raccolto una corposa documentazione e le testimonianze di più di 110 persone, sono emersi con chiarezza fatti oggettivi e una situazione di reparto critica».
Due, per ora, i giubilati: il direttore generale dell'Apss, Pier Paolo Benetollo, e il primario di Ostetricia e ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento, Saverio Tateo: quello che la dottoressa Pedri chiamava «Sovrano Illuminato».Perché lo «stimava» o, probabilmente, perché ne era succube?
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