Il Travaglio dei voltagabbana

I duri e puri grillini si ricredono: il mercimonio parlamentare va bene, basta che a farlo sia Conte. Quanta ipocrisia

Il Travaglio dei voltagabbana

Ora che il passo decisivo è fatto, la trasformazione si può dire conclusa. È stato doloroso. Un Travaglio a tutti gli effetti: ingoiare il rospo e affidarsi agli odiati “voltagabbana”, peraltro del calibro di Maria Rosaria Rossi e Renata Polverini, non è cosa da poco. Mai i grillini, e il suo ideologo di punta direttore di un noto quotidiano, avrebbero solo immaginato qualche tempo fa di ritrovarsi compagni di banco della “badante” (così la chiamavano, irrispettosi) del Cavaliere. Ma il Potere fa brutti scherzi.

Non appena è cominciata a circolare l’ipotesi della caccia ai “costruttori” mi son detto: non lo faranno mica davvero? E Scilipoti? E Razzi? E De Gregorio? Poi mi sono aggrappato ad una certezza: tutti cambiano idea, quindi anche Di Maio e Grillo, ma l’integerrimo Travaglio no. Il bacchettatore dei potenti, il gerarca della coerenza: lui non si piegherà alla logica del mercato delle vacche. Mi ero sbagliato.

Comprendiamo il disagio vissuto in questi giorni dai tifosi grillini, compresi quelli con la penna in mano. Abbiamo letto l’imbarazzo con cui il Fatto ha raccontato "il solito indecoroso mercimonio" messo in campo dal premier. Dico “indecoroso” non perché personalmente la ritenga tale (s’è sempre fatto, fa schifo, ma non mi ha mai sorpreso), ma perché così la giudicava un tempo il primo sponsor di Conte. Al tempo di Razzi e Scilipoti, era il 2010, il Fatto aprì il giornale con una sola parola: ARRESTATELI, “è uno scandalo che va fermato subito”. Roba arcinota. Dieci anni dopo, la difficile conversione sulla via di Damasco. Per Travaglio i “volenterosi” contiani “restano dei voltagabbana che vogliono salvare la poltrona”, ma stavolta vanno bene. Certo sarebbe meglio ci fosse una legge sulla “decadenza parlamentare”, ma per una volta si può fare un'eccezione. Che vuoi che sia?

In questi giorni Travaglio, forse guardandosi allo specchio, ha scritto editoriali per auto-convincersi che Conte non stesse facendo nulla di male. Esercizio complicato. Ha iniziato col dire che gli ex grillini e i parlamentari di Italia Viva non vanno considerati “voltagabbana” perché erano stati “eletti in un partito di maggioranza” e quindi tornare all’ovile è stato solo “un atto di coerenza”. (Caro Ciampolillo: cambia pure quante maglie vuoi, basta che poco prima del Giudizio Universale indossi la stessa divisa che avevi bruciato all’inizio). Poi ha provato a sostenere che Conte “non ha né i soldi né le tv di B.”, come se non sapesse che promettere due anni di legislatura ai senatori significa assicurargli un assegno da 3-400mila euro (a spese nostre). E infine ha tentato la bufala del premier che non ha “posti da garantire, a parte tre strapuntini liberati da Iv”, pur capendo benissimo che le poltrone si creano facilmente. Basta un mini rimpastino. In fondo Padellaro l’ha confessato candidamente: pur provando “disagio” per la “transumanza parlamentare”, prima s’è chiesto se “il fine (evitare una crisi disastrosa temuta dalla larga maggioranza dei cittadini) non giustifichi i mezzi (o se vogliamo i mezzucci)”, e poi s’è risposto che “sì”: esistono pure i voltagabbana buoni, basta la pensino come me. Tragico epilogo degli ipocriti puri di cuore.

Dobbiamo tuttavia

essere clementi. Come titolava Travaglio qualche giorno fa: “Chi è senza peccato”? Nessuno. Noi lo sappiamo e non ci scandalizziamo. Ora però pure lui può smettere di scagliare pietre: è peccatore come noi.

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