Nei laboratori e in piazza. La verità sta emergendo: dalla scienza degli inquirenti e dal cuore delle persone di Traversetolo. Chiara Petrolini resta indagata a piede libero, ma la prima accusa di omicidio premeditato ed occultamento di cadavere potrebbe essere riformulata ed aggravarsi nelle prossime ore, coinvolgendo anche altre persone, in particolare sono fino a 6 i profili sotto la lente della Procura.
Piove davanti alla villetta gialla di Vignale, abbaiano i tre labrador di casa: la pappa arriva regolare, ma nessuno li porta più a passeggio ed il giardino è sottosopra. È qui che Chiara avrebbe sepolto, fra il 2023 e lo scorso 7 agosto, due bimbi, dopo averli partoriti e soffocati, prima di andare a bere un aperitivo in una cantina alla moda e poi salire sul primo volo per New York con mamma e papà. Il Ris ha asportato terra, ossa ed attrezzi da giardino da analizzare insieme al Labanof, laboratorio forense della Statale di Milano. Stretto il riserbo dell'avvocato di famiglia, Nicola Tria: la sua auto nera sgomma via, mentre lui dal finestrino sussurra che si tratta di reperti fondamentali a chiudere il cerchio. Già, gli inquirenti cercano almeno due conferme dalla nuda terra e dagli altri resti del figlio «più antico»: bisogna comprendere se il padre sia il medesimo e se il bimbo sia nato vivo, morto o se sia stato abortito. In questo mese e mezzo, infatti, la 21enne ha già ammesso che fossero suoi figli, ma di ritenere che fossero nati già morti. E lo avrebbe fatto dopo averlo negato a lungo, anche durante una visita ginecologica. Il match con le sue ricerche in rete su «come abortire», «come partorire in casa», «ossitocina per indurre parto» e «secondo figlio», l'avrebbero scossa da quella che sembra una realtà orrenda e parallela che Chiara continuava a negare. Quel che la scienza faticherà a comprendere, però, è come una ragazza descritta come «normale ed ineccepibile» possa aver fatto tutto questo. E averlo fatto da sola.
Le testimonianze si moltiplicano: «Ha curato i miei figli per tre mesi, dall'alba all'ingresso in classe», ricorda Enrico Castellani, papà separato. «Mi ha aiutato fino a fine luglio, la domenica, quando qui c'è un noto mercato», dice una negoziante di abbigliamento del centro. «Non sembrava incinta»; «Qualcuno sapeva»: le voci ora si contraddicono e diventano quasi malelingue. Un'amica ostetrica e qualche volontario dell'assistenza pubblica potrebbero averla aiutata? «Da noi non si è mai presentata e ritengo il parto in casa e in solitudine un'impresa difficile», scandisce Simona Valitutto, ginecologa del centro Salute Donna dell'Ausl di Parma.
Precisazioni necessarie in un paese sconvolto dove anche il sindaco, Simone Dall'Orto arriva a fare un appello: «Non siamo una comunità omertosa come qualcuno sui social ci accusa di essere: chi sa qualcosa o può ricordare anche un piccolo dettaglio, si faccia avanti, per la serenità di tutti».
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