Tagliare le tasse si può, se si rende più appetibile e attrattivo investire in Italia. La filosofia della riforma fiscale che ha in mente l'esecutivo è stata (in parte) anticipata ieri a Milano nel corso di un convegno. «Avvieremo un graduale processo di riduzione del carico fiscale, a settimane è atteso in Parlamento il disegno di legge di riforma del fisco», dicono a breve distanza il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e il suo vice Maurizio Leo. Tre aliquote anziché quattro, lavorando sulla terra di mezzo tra quelle che oscillano in area 35%, fissando la percentuale del prelievo al 27 o al 28% come ipotesi. Serve un lavoro certosino per trovare le risorse ma un margine di tempo molto ampio - tutta la legislatura - per arrivare eventualmente a due aliquote, senza far saltare in aria i conti, ragionando tra il dare e l'avere col tesoretto dei 156 miliardi tra deduzioni e detrazioni, una giungla di 600 vocine che va disboscata col machete, proprio nel giorno in cui vola il gettito Iva nel 2022 segnando un aumento di 23,646 miliardi di euro (+16%).
Leo e Giorgetti hanno le idee chiarissime, le forze di maggioranza anche, ma non sempre sono conciliabili. «È la direzione da sempre auspicata da Forza Italia», commenta a caldo il senatore di Forza Italia Dario Damiani. Mentre Luigi Marattin si duole che la riforma fiscale prevista dal governo Draghi sia rimasta lettera morta, mentre l'Udc già chiede di equiparare la spesa per badante, colf e babysitter a una spesa medica. C'è anche la grana Ici per le annualità 2006-2011 che la Ue reclama. Vedremo. Ma prima bisogna fare i conti con la realtà. «Le Entrate hanno migliaia di pratiche in sospeso», lamenta un commercialista, e questo fa saltare il banco tra Erario, professionisti e contribuenti. Oggi si tassa un soggetto che non ha percepito ancora alcun tipo di reddito, una stortura in contrasto sia con i principi della Costituzione all'articolo 53 sulla capacità contributiva, sia con la base dell'imposta sui redditi, cioè il presupposto del possesso. Sul fronte delle entrate si lavora alla semplificazione su accertamento, contraddittorio e autotutela, con l'idea di spingere le imprese piccole o grandi a fare accordi intelligenti, per la serie pago e evito i controlli, attraverso il «concordato preventivo biennale», per evitare di arrivare al contenzioso, oggi troppo complesso, elevando lo Statuto del contribuente a legge generale tributaria. Il ricorso all'autotutela non funziona perché il funzionario delle Entrate che lo incoraggia diventa responsabile anche per colpa grave anziché solo per dolo, come sarebbe più logico. Le rendite finanziarie potrebbero essere accorpate in un'unica categoria, a fronte di una possibile compensazione tra dividendi e minusvalenze.
Si può tagliare anche l'Ires, lavorando a incentivare gli investimenti sulla parte di utile salvata dalle forbici fiscali. Meno tasse creano lavoro, il lavoro restituisce il teorico gettito mancato con gli interessi, dicono gli esperti e alcune simulazioni.
Chi dall'estero vuol tornare a investire in Italia potrebbe essere attratto dall'abbassamento delle aliquote e da una maggiore attenzione rispetto alle storture della giustizia che
spaventano tanti investitori. Di contro, potrebbe esserci una stretta sulle residenze «fittizie» delle imprese all'estero, legate alla sede legale o al cosiddetto «oggetto principale», terminologia troppo ambigua e da rivedere.
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