Ma la tua vita è stata un romanzo di eccessi

John, credo di non aver mai risposto a questa tua lettera. Se ti rispondo adesso è per avvisarti che ti ho tradito, ma è stato un gesto d'amore

John Cheever (1912-1982)
John Cheever (1912-1982)

John, credo di non aver mai risposto a questa tua lettera: una storia come la nostra, durata anni e anni (non prosegue forse anche ora che sei morto?), era libera dai convenevoli delle reciprocità epistolari. Poiché avevo un marito, come tu avevi una moglie, anch'io non potevo permettermi di essere sdolcinata, oppressiva, gelosa, angosciata. Se ti rispondo adesso è per avvisarti che ti ho tradito, ma è stato un gesto d'amore. Poche ore fa ho pranzato da Keen's con Ben, e gli ho consegnato tutte le tue lettere. Le voleva perché sta cercando di ricostruire la tua vita, forse per ricostruire se stesso nell'edificazione del mito paterno.

Sta dando la caccia a tutto quello che ti riguarda nel tentativo di farti diventare un autore di culto per nuove generazioni di lettori. Non gli bastano i ricordi e gli aneddoti, non gli bastano i tuoi racconti e i romanzi, e nemmeno il tuo diario è sufficiente, perché sapevi che sarebbe stato letto e l'hai scritto con un tono letterario e a volte poco sincero. Nelle lettere, invece, non c'è dubbio che tu fossi meno Cheever e più John: infedele, veloce, incisivo, privo della tua ossessione per il decoro. Se non fosse così, perché avresti pregato tutte le persone cui scrivevi di buttarle? «Conservare una lettera è come cercare di preservare un bacio», avevi detto a Ben.

«La ragione per cui queste lettere sono talmente straordinarie, la ragione per cui lo riportano alla mente con tanta vivezza, è che era sinceramente convinto che sarebbero state buttate», mi ha detto per convincermi a consegnargli le mie, lasciando freddare la bistecca. «Con noi figli, mio padre era di un candore estremo, quasi compulsivo. Capivo quando aveva bevuto troppo gin. Capivo quando era in imbarazzo, capivo quando commetteva adulterio. Capivo perfino che tonalità di rossetto lei portasse. Ho spesso udito più di quanto volessi. Ma sono ancora sconvolto da alcune cose che ho scoperto nelle sue lettere».

Gli ho spiegato che essere uno scrittore ti ha esentato dal dover interpretare il canone borghese del New England. Bevute, gusti sessuali, conservatorismo e trasgressione erano benzina per il tuo mondo immaginario. Ma tutto questo Ben lo sapeva già: tuo figlio non è un moralista come lo sono invece quasi tutti i figli con i genitori. Non ce l'ha con te perché non hai seguito una dieta alcolicamente bilanciata o perché hai tradito sua madre con chiunque, per tutta la vita. Come potevo negargli le tue lettere? Ben mi ha ricordato la prima volta che l'ho visto: quando aveva pressappoco dodici anni, io e Alan eravamo venuti a trovarti a Cedar Lane. Pare che l'avessi chiamato «tesoro», cosa che l'aveva irritato. «Non l'ho mai incontrata prima. Come può dire se sono un tesoro o no?» ti aveva chiesto. E tu gli avevi spiegato: «La gente di Hollywood è così, non farci caso».

Gli ho assicurato che non mi hai mai parlato di lasciare sua madre, né io te l'ho mai chiesto. Tuo figlio ha anche voluto sapere quando ho scoperto che eri bisessuale. Ho chiarito che non l'avevo mai sospettato fino a quando non ho letto i tuoi ultimi libri. «Tuo padre mi ha tratto in inganno», ho dovuto dirgli. «Era uno degli uomini più arrapati che abbia mai conosciuto». È proprio così che voglio ricordarti, arrapato.

Con amore eterno, tua

Hope

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