E arrivò il whatever it takes di Beppe Grillo. Il motto di Draghi mirava a salvare l'Italia, in questo caso, più modestamente, c'è da preservare la permanenza al governo dei Cinque Stelle.
Il messaggio non è firmato Grillo, ma Giorgio Trizzino, deputato pentastellato molto vicino a Giuseppe Conte. Il mittente però è esplicito: Grillo prima linka la lettera aperta, poi la ripubblica intera e infine la emenda pure. «Stiliamo insieme un patto tra tutti i partiti e lavoriamo per la ricerca di un obiettivo condiviso», recita l'appello. Per fugare i dubbi sulla linea, si cita il presidente della Repubblica, nemico di una crisi al buio che sfoci in elezioni: «Raccogliamo l'esortazione che ci indirizza il Presidente Mattarella di diventare costruttori».
A colpire è anche l'esortazione a eliminare «una distinzione tra maggioranza ed opposizione perché tutti i rappresentanti del popolo devono contribuire uniti». Dal centrodestra repliche ruvide a un'apparente goffa ipotesi di governissimo «Beppe caro, il partito unico piace ai tuoi amici comunisti cinesi, non alle democrazie occidentali», replica sarcastica Giorgia Meloni. «Basta con questi giochetti», taglia corto anche Mara Carfagna.
I destinatari però non sono i leaderdel centrodestra ma Conte e Renzi: le istruzioni sono chiare. Whatever it takes, appunto. Fare tutto ciò che è necessario per evitare che cada il governo, incluso trattare a oltranza con Italia viva o cercare Responsabili. Perché il Garante ha da sempre a cuore un concetto: il M5s al potere è una congiuntura della storia che rischia di essere irripetibile. E va sfruttata al massimo per perseguire i (mutevoli) obiettivi del Movimento. Grillo parla ai suoi e parla più chiaro del solito, aggiunge perfino una parentesi, fin troppo didascalica: «È sottinteso che il Governo è di Conte». Si allinea al Quirinale, con Zingaretti, e frena l'offensiva di Conte, quella velina di Palazzo Chigi secondo cui «se Renzi esce mai più nessun governo con Italia viva» che ha infastidito Mattarella e spinto Renzi a venire a vedere le carte del premier. Il colpo di redini di Grillo comunica a Conte che la priorità non è il suo personale futuro politico o la sua sfida con Renzi, ma la «missione storica» dei 5 Stelle al governo, per perseguire la quale tutto è possibile, tutto è fattibile.
Sotto la spinta di Grillo e Zingaretti a di fronte all'altolà del Colle a operazioni pasticciate con i responsabili, a Conte non resta che ritracciare e lanciare a Renzi la proposta di un patto di legislatura. I vertici pentastellati, che martedì avevano spalleggiato l'offensiva di Conte con comunicati coordinati, Di Maio incluso, sono costretti a frenare. E tutto sommato si respira sollievo tra esponenti di governo e parlamentari pentastellati. Stefano Buffagni fa notare che nel suo non si auspicava la rottura con Renzi e l'umbra Tiziana Ciprini legge il messaggio di Grillo come una nuova investitura a Conte: «È l'uomo giusto, usi le sue capacità di mediazione». L'uomo giusto sì. Purché resti premier di un governo a guida 5s.
Nel pomeriggio però Renzi tira dritto con le dimissioni delle ministre e per la prima volta rende la crisi plastica, palpabile. Il M5s si stringe intorno a Conte. In attesa di capire che posta metterà sul piatto Renzi (sul Mes c'è intenzione di tenere duro) parte un pressing che pare già da campagna elettorale.
Corre l'hashtag #renzivergogna e una nuova salva di dichiarazioni in batteria, da Crimi a Bonafede: «Renzi apre la crisi in piena pandemia». L'ultima trattativa è aperta all'insegna dell'«ora della responsabilità». La luce di Palazzo Chigi è ancora accesa.
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