Quando si parla di femminicidi si raccontano alcuni tra i più abietti atti che un uomo, indegno di tale nome, possa commettere. Ma quanto avvenuto a Ischia è di una brutalità tale da lasciare sconcertati. Marta Maria è caduta in un dirupo di circa due metri, probabilmente perché il compagno ce l'ha gettata. Ma era viva, anche se non riusciva a muoversi. Così ha chiesto aiuto al compagno, mandandogli messaggi via Whatsapp e chiamandolo al telefono. Ma lui ha ignorato ogni richiesta di aiuto, fingendo anche di essere uscito a cercarla, per condannarla a una lenta agonia che l'ha portata alla morte. Questa l'agghiacciante ricostruzione sulla morte di Marta Maria Ohryzko, la donna ucraina di 33 anni trovata senza vita domenica scorsa. Il compagno, un cittadino russo di 41 anni, è stato fermato per il momento con l'accusa di maltrattamenti. Ma secondo la Procura di Napoli e i carabinieri sarebbe stato lui a gettarla nel dirupo sabato sera, al culmine dell'ennesima aggressione.
A contribuire alle indagini, anche l'analisi dei cellulari, della vittima e dell'uomo, secondo cui la donna avrebbe inviato al compagno una serie di messaggi e oltre a chiamate di aiuto, implorando di essere soccorsa mentre si trovava in un dirupo, su una stradina di campagna nei pressi del luogo dove i due convivevano. Ma è stato tutto vano. L'uomo non avrebbe fatto nulla per salvarla e, anzi, di fronte al magistrato avrebbe addirittura raccontato che nella notte di sabato sarebbe uscito alla ricerca della compagna, trovandola tra la vegetazione ancora in vita. Ma le avrebbe detto che per la notte, lei avrebbe dovuto dormire lì. Una macabra e assurda punizione. La mattina seguente, dopo una terribile agonia, sarebbe stato lo stesso russo con cui conviveva a trovarla senza vita. Un giallo con ancora alcuni punti da chiarire. Anche perché sul corpo della donna sono state rinvenute lesioni che potrebbero essere compatibili sia con la caduta ma anche con percosse subite in precedenza.
Secondo le testimonianze raccolte e le indagini infatti, sarebbero numerose le aggressioni, le percosse e le minacce subite dalla donna che veniva anche parzialmente limitata nei suoi spostamenti e nelle sue libertà individuali. In un caso addirittura l'uomo le ha bruciato i vestiti e l'ha fatta cadere su un fuoco acceso causandole ustioni di secondo grado in varie parti del corpo. Come se non bastasse, insieme a ripetute minacce di morte, la donna sarebbe stata privata delle sue libertà più basilari, compresa quella di vedere i familiari. E qui si apre un altro squallido capitolo. Lui russo, odiava i parenti della ragazza in quanto ucraini.
In base a quanto raccontato dalla sorella della vittima, una volta ha insultato la famiglia della compagna arrivando a definirli «ucraini di merda che devono morire». Una galleria degli orrori finita nella maniera peggiore. Anche se purtroppo tragicamente prevedibile.
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