Gli Usa non si fidano dell'indagine su Wuhan. "Cina opaca, ora vogliamo vedere il rapporto"

Scontro sul virus di origine animale. Pechino: "Fine della teoria del complotto"

Gli Usa non si fidano dell'indagine su Wuhan. "Cina opaca, ora vogliamo vedere il rapporto"

Se la Cina esulta davanti agli scarsi risultati della missione dell'Oms a Wuhan per scoprire l'origine della pandemia, gli Stati Uniti nutrono parecchi dubbi sulle conclusioni degli scienziati che, di fatto, hanno dato molte munizioni per la propaganda del governo di Pechino.

E ora l'amministrazione Biden vuole esaminare il rapporto del team dell'Organizzazione mondiale della sanità che ha definito «estremante improbabile» l'ipotesi della fuga del virus da un laboratorio di Wuhan, sempre sostenuta dagli americani. Tanto è bastato ai quotidiani cinesi per parlare della «fine della teoria del complotto» da parte degli Usa e al capo epidemiologo presso il centro cinese per il controllo delle malattie, Zeng Guang, per insinuare sospetti su altri laboratori, in particolare negli Stati Uniti, perché «storicamente gli Usa hanno lanciato guerre biologiche e chimiche». La Cina, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, ha richiamato gli Stati Uniti a un atteggiamento «aperto, trasparente e scientifico» e ha rilanciato sfidandoli ad accogliere gli esperti dell'Oms sul proprio territorio per condurre studi sull'origine del coronavirus. «Il rintracciamento del virus è una questione scientifica complessa e deve essere condotta da scienziati globali», ha aggiunto il portavoce, ribadendo che il coronavirus è emerso in più località diverse alla fine del 2019. «Con l'accumulo di prove fattuali e lo sviluppo di ipotesi scientifiche», ha proseguito, «cambierà anche il luogo per il rintracciamento del virus».

Uno scambio di accuse tutt'altro che velato, quello tra Cina e Stati Uniti, soprattutto dopo le dichiarazioni della portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, secondo la quale sarà necessario un attento esame del rapporto sulle indagini svolte e sarà «imperativo» anche avere «un nostro team di esperti sul terreno» in Cina. Parole che non sono piaciute ai membri del team di indagine. Lo zoologo britannico Peter Daszak, che faceva parte della squadra di esperti che per 28 giorni ha indagato a Wuhan, ha invitato a non fare troppo affidamento sull'intelligence statunitense: «È stata sempre più disimpegnata sotto Trump e francamente ha sbagliato su molti aspetti».

Accantonata l'ipotesi della fuga del virus da un laboratorio, gli scienziati ritengono che l'origine zoonotica rimanga la più probabile per il passaggio di specie dall'animale all'uomo, anche se non è ancora chiaro quale sia stato l'animale «intermediario». E non si può escludere, sostengono, un ruolo dei prodotti surgelati nella diffusione del contagio.

Tesi quest'ultima a lungo sposata dalla Cina, sulla quale è tornato ieri il capo della delegazione, Peter Ben Embarek. «I prodotti congelati sul mercato a dicembre 2019 includono carni e prodotti di animali selvatici. Pertanto, vale la pena esaminare l'ipotesi», ha twittato l'esperto di sicurezza alimentare.

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