Veneto Banca si piega al diktat Bce

L'assemblea dei soci approva, con un quorum bulgaro del 97%, spa e aumento di capitale. Pesa la paura del commissario

Veneto Banca si piega al diktat Bce

Malgrado mesi di subbugli e di strisciante guerra legale, l'assemblea dei soci di Veneto Banca piega la testa agli ordini della Bce, accettando di trasformare l'istituto cooperativo in una società per azioni, di portarlo sul listino di Piazza Affari e di lanciare un aumento di capitale da un miliardo. In sostanza il Veneto acconsente a mettere la «sua» cooperativa in vendita e di veder calare ancora il valore delle azioni su cui 80mila famiglie e piccoli imprenditori hanno investito i risparmi: la perdita sarà computabile solo in primavera, a ricapitalizzazione e quotazione ultimata, ma basta dire che ammonta a 7,3 euro il prezzo di recesso offerto dal cda ai soci «dissenzienti», contro titoli che ancora ad aprile, dopo una sforbiciata del 22,7%, la banca autovalutava 30,5 euro.I voti a favore nella tensostruttura approntata ieri a Volpago Del Montello, nel trevigiano, sono comunque stati 11.002 (deleghe comprese), pari a un quorum del 97 per cento. Un consenso bulgaro frutto sia del paziente lavoro sul territorio svolto dai vertici, a partire dai contatti con la Confindustria locale, sia della paura delle famiglie di perdere tutto. Perché l'alternativa alla spa sarebbe stato l'intervento armato dell'Eurotower. A farlo capire in apertura dell'assemblea ci ha pensato lo stesso presidente di Veneto Banca, Pierluigi Bolla, leggendo la lettera in cui la responsabile della Vigilanza Ue, Daniele Nouy, imponeva l'approvazione di tutti e tre i punti del «Piano Serenissima», pena l'arrivo del commissario. «Aspettiamo da questa assemblea una decisione consapevole e responsabile. Prendiamo il toro per le corna. La storia di Veneto Banca non si ferma qui», ha esortato Bolla. A settembre l'indice patrimoniale era pari al 7,1% (Core Tier One) contro una Vigilanza che fissa l'asticella al 10 per cento, dopo quasi 2 miliardi di perdite accumulati negli ultimi tre anni.Veneto Banca, ha ammesso l'ad Cristiano Carrus, «da tempo non ha capitale sufficiente. C'è bisogno di colmare questa carenza prima possibile, una volta per tutte, non si può andare ogni sei mesi con il cappello in mano a chiedere i soldi alla gente». In cambio i vertici hanno ribadito la volontà di studiare un'azione di responsabilità contro «alcuni dirigenti» che hanno causato la «mala gestio del passato». Carrus ha poi toccato il nervo scoperto del contenimento dei costi, con la messa in vendita delle auto blu e del jet privato acquistato negli anni d'oro. Quelli in cui Montebelluna aveva concesso la cittadinanza onoraria all'ex dominus della cooperativa Vincenzo Consoli (l'onorificenza potrebbe essere cancellata domani).«Questa banca ha numeri, potenziali e capacità di poter resistere», ha proseguito Carrus prendendo le distanze da quanto accaduto a Banca Etruria e agli altri tre gruppi salvati dal fondo di risoluzione. «Gli advisor hanno considerato fattibile il piano industriale», e sarà con zero licenziamenti. Le reti estere, ha detto ancora Carrus, «sono un bagno di sangue. Mi ritirerò da qualsiasi posto in cui questa banca non faccia utile». A questo punto manca solo il cavaliere bianco pronto ad aprire il portafogli.

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, spinge da tempo per la creazione di un nuovo polo imperniato sul Banco Popolare e su Fondazione Cariverona, che salvi anche l'altra malata del Nord Est: la Banca Popolare di Vicenza.

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