Il verdetto dimenticato di Carlo: i dem sono finiti

Operaista. Di sinistra. Anche socialista. Liberalsocialista. Pragmatista. Europeista. Giornalista. Iusolista. Proporzionalista. Montezemolista. Di centrosinistra. Antisovranista. Romanista. Carlo Calenda è così, uno, nessuno, centomila

Il verdetto dimenticato di Carlo: i dem sono finiti

Operaista. Di sinistra. Anche socialista. Liberalsocialista. Pragmatista. Europeista. Giornalista. Iusolista. Proporzionalista. Montezemolista. Di centrosinistra. Antisovranista. Romanista. Carlo Calenda è così, uno, nessuno, centomila. Caduto il governo è salito sulla scialuppa per raggiungere o aggiungere Letta Enrico: «É una persona seria», che non sai bene che cosa significhi in politica dove la serietà e la seriosità sono cose simili ma distanti, spesso in contraddizione. Ma la frase ha il suo perché, Carlo Calenda, non c'è dubbio, sa dove mirare, ha imparato l'arte della comunicazione dal compagno di classe di suo padre Fabio, trattasi di Luca Cordero di Montezemolo che se lo portò in scuderia Ferrari, prima, poi in Confindustria.

Perfettino, disinvolto in Lacoste e jeans ma con annunci di addome allargato, anonimo ma distinto in giacca e cravatta, eternamente pettinato, ha l'aria del primo della classe, il secchione pronto a scattare in piedi quando entrano il professore e il signor preside, furbo il giusto per suggerire al compagno in difficoltà durante l'interrogazione, epperò capace di celare, con la mano, il tema o la traduzione dal latino, per non farlo copiare dal succitato sodale di banco. Eppure, era l'altro ieri quando lo stesso Calenda di cui sopra, aveva detto no al Pd se ci sono le «frattaglie di sinistra», al secolo Fratoianni e Bonelli, «a oggi le condizioni per allearsi con il Pd non ci sono».

Era anche l'agosto del diciannove, quando sempre e soltanto lui, aveva emesso il verdetto: «Il Pd è finito» e, anticipando il linguaggio in corsivo della Esposito, aveva aggiunto: «L'unico segretario che si dovrebbe candidare è il presidente dell'associazione di psichiatria», raffinato il giusto, arrogante come è l'abito suo del pariolino, dicono i rivali invidiosi, al punto da proclamare, in occasione delle primarie per il sindaco di Roma: «L'ultimo sondaggio che è uscito mi dà vincente contro chiunque al ballottaggio», fake primarie, si può sostenere, lui stesso lo scrisse in uno dei suoi mille tweet: «Alla voce primarie aperte: Un vero esercizio di democrazia. Daje», attaccando il partito che aveva oscurato i nomi dietro Gualtieri. Riassunto, Carlo Calenda prosegue il suo racconto da commedia all'italiana, arte magnifica di suo nonno Luigi Comencini maestro del cinema italiano. Facile il gioco e l'accostamento, del resto la politica è fiction senza colonna sonora, può accadere di tutto e il nipote di Luigi sa cavarsela benissimo come seppe fare, da attor giovane, di età undicenne, nella parte di Enrico Bottini, narrante del libro Cuore.

In verità fu doppiato da Giorgio Borghetti e i maligni di cui sopra dicono che anche oggi venga doppiato, a volte da Renzi, in ultimo da Letta, mutando la voce anche dalla Gelmini, insomma un grande interprete pronto a chiudere il cerchio in vista del venticinque settembre. Sempre che non si finisca tra i 345 disoccupati.

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