«Sarà un giorno molto speciale per tutti!». Parola di Trump che annuncia così il suo arrivo a Parigi per la riapertura della Cattedrale di Notre Dame riportata a nuovo splendore dopo l'incendio dell'aprile 2019. Ma l'evento sarà speciale soprattutto per lui.
Il suo arrivo si preannuncia infatti come quello di un inatteso trionfatore pronto a celebrare una vittoria anticipata sul Vecchio Continente. E a farlo in uno dei luoghi sacri della tradizione europea. Peraltro prima ancora di passare dallo Studio Ovale. L'Europa del resto gli si è inginocchiata davanti senza neppure combattere. Sul piano politico e strategico i conti son presto fatti. La caduta del governo Barnier in Francia e le elezioni del prossimo febbraio in Germania sanciscono il crollo delle due nazioni guida dell'Europa. Senza l'apporto di Germania e Francia, tradizionali artefici delle sue linee guida, l'Unione si ritrova senza testa e senza baricentro. E soprattutto senza una strategia capace di contrapporsi a un'America pronta ad abbandonarla tra le spire del conflitto ucraino.
Anche perché quell'Emmanuel Macron che suggeriva di spedire i soldati europei nel Donbass, non solo non riesce a mettere in piedi un governo, ma rischia di dover abbandonare l'Eliseo con largo anticipo. E Olaf Scholz, il cancelliere socialdemocratico che aveva ribaltato la politica tedesca garantendo aiuti militari senza precedenti a Kiev, si prepara a uscire di scena dopo le elezioni anticipate del prossimo febbraio.
Ma se il panorama politico europeo appare oscuro quello economico è a dir poco tetro. A far precipitare la crisi del governo Barnier sono state le misure lacrime e sangue predisposte da Parigi per contrastare un deficit di bilancio inammissibile in base alle regole europee. E così le miope leggi di stabilità della Ue hanno imposto a Francia ed Europa un harakiri di cui si avvantaggeranno soprattutto gli Stati Uniti. Che per affossarci non avranno nemmeno bisogno dei tanto temuti dazi preannunciati dal prossimo presidente. L'industria automobilistica europea, da Stellantis ai marchi tedeschi, si è infatti messa in ginocchio da sola allineandosi alle utopie dell'auto elettrica imposta dall'Ue. Del resto mentre a Parigi e Berlino regna il buio Bruxelles fa i conti con gli anacronistici ricatti di un socialismo europeo che pur di non dialogare con Washington minaccia di portare l'Unione al collasso.
Anche perché la nomina a commissario della Competizione di un'estremista verde come la socialista Teresa Ribeira fa temere un ulteriore stallo economico dettato da un'utopia ambientalista capace di trascinarci in rotta di collisione con un'America pronta ad archiviare le politiche verdi. Una competizione impossibile da cui l'Europa è destinata a perdere. Per la gioia di The Donald, pronto a uscire da Notre Dame con la corona di nuovo Papa straniero.
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