Vi spiego l'invidia "femministra" per le donne madri e cattoliche

Dalle polemiche per "Professione mamma" alla giudice americana Amy Coney Barrett: cioè che non rientra negli schemi delle femministe di sinistra diventa retrogrado

Vi spiego l'invidia "femministra" per le donne madri e cattoliche

Ci sono due storie, vicine nei contenuti eppure così lontane nello spazio, che oggi ci permettono di entrare un po’ nel magico mondo progressista, femminista, radical e un (bel) po’ chic. La prima vicenda si è svolta a Perugia, un tempo roccaforte rossa e oggi saldamente nelle mani del centrodestra. L’altra invece investe gli Stati Uniti d’America. Entrambe parlano di donne, di madri, di lavoratrici discriminate (davvero) perché non rientrano nel prototipo dell’odierna femministra (che sta per femminista e di sinistra).

A Perugia nei giorni scorsi era in programma un evento “medievale” (dice il Pd) dal titolo “Professione mamma”. Un po’ di stand sui giochi da tavolo, sui massaggi, su come “farsi belle” (apriti cielo), sulla ceramica, il bricolage, la cucina e su come tenersi in forma. “Professione mamma” ha ottenuto il patrocinio del Comune, così è subito finito al centro delle polemiche. A sollevare la questione è stato Stefano Bucaioni, presidente di Omphalos Lgbti, ex capo scout di chi scrive, persona a modo che stavolta (mi conceda) ha preso una cantonata stratosferica. Per Bucaioni l’iniziativa era un “concentrato di stereotipi e patriarcato da fare invidia all’epoca medievale più buia”. Per il Pd invece è stata espressione della “più classica delle ideologie di destra becera” e “ultraconservatrice”, di quella destra che (pensa te!) ha “a cuore” temi come la famiglia e le mamme (che buzzurri!) e che vedrebbe la donna solo “come custode del focolare domestico”.

Il cortocircuito delle polemiche è tale che spiega benissimo il femminismo odierno. Se sei donna, lavoratrice, a volte mamma e pure di sinistra va tutto bene. Ma se invece ti ritagli un ruolo e organizzi una manifestazione col benestare del centrodestra vieni demonizzato. Ma perché attaccarle? Se fossero state Alpini avrebbero organizzato un raduno; se fossero state motocicliste avrebbero fatto un viaggio in sella; invece sono 7 mamme con 47 figli che invece di “stare chiuse in casa con lo scialletto sbiadito, i piatti da lavare e le lavatrici da caricare a mitraglia” hanno deciso di organizzare una "scuola per genitori", condividendo esperienze. È uno scandalo? No. Perché se l’avessero fatto sotto l’ala progressista sarebbe stato fichissimo. Tra loro infatti c’è una donna che lavora in una clinica privata ed ha quattro figli, un avvocato con sei bimbi (di cui due adottati e una in affido) che studia per diventare dirigente dei servizi sociali. E poi una prof di matematica con sei pargoli appassionata di cucito e una cuoca con cinque eredi e quattro nipoti che si diletta a fare saponi ecologici fatti in casa. Altro che “sottomesse” o “medievali”.

Nonostante tutto questo, il vizio di usare due pesi e le due misure (che come abbiamo detto integrano l’essere intrinseco di un radical chic) non passa mai. Anche in campo femminista. Ne sa qualcosa Amy Coney Barrett. Questa donna modello americana ha partorito cinque figli, ne ha adottati due, ha solo 48 anni, ha studiato molto ed ha fatto una carriera fulminante. Pochi giorni fa Donald Trump (ed è questo il problema) l’ha nominata alla Corte Suprema americana, di cui sarà la più giovane componente. Avete sentito elogi sulle tv italiane a lei dedicati? Avete udito per lei gli stessi osannanti servizi riservati al suo predecessore, la giudice Ruth Bader Ginsburg? No, ovviamente. Barret è stata subito definita “ultracattolica” (come se fosse un insulto) e “anti-abortista” (come se fosse un peccato), al contrario della Ginsburg femminista, pro-aborto e favorevole ai matrimoni gay. Una è un’eroina, l’altra poco più che una comparsa che sembra quasi stia usurpando il seggio (a vita) che fu della Ruth.

Cosa muove un simile atteggiamento? Da una parte la cecità ideologica, che vuole disegnare le donne mogli, mamme, cattoliche e magari contro l’aborto come delle sottomesse senza prospettive lavorative (non è così: ne conosco diverse e Barrett ne è l’esempio).

Dall’altro c’è anche un po’ di invidia, credo. Quell'invidia che trasforma “professione mamma” in un raduno medievale di casalinghe e la Barret in una “ultracattolica” che sa di retrogrado. Quando la verità dice tutt’altro.

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