La loro è una guerra di religione. La nostra una civiltà aggredita. Da noi non c'è alcuna possibilità che vincano. Solo perdendo noi stessi e quel che siamo possiamo perdere questo conflitto. Lo vinceremo. Ma si deve farli perdere anche nella loro guerra di religione, inducendo governi riluttanti ad accostarsi al nostro modello di civiltà. Superiore, non c'è motivo di tacerlo.
Tutto sta a capire bene chi siamo «noi» e chi sono «loro». Noi non siamo la cristianità. É indubbio che la nostra (di europei e occidentali) cultura e la nostra civiltà hanno il cristianesimo che corre per la spina dorsale. Ma nel sangue ci corre anche la classicità greca, l'ebraismo, il diritto romano, i lumi, l'ateismo.
Noi non siamo una religione e non siamo un'etnia (chi lo credette, fra noi, ha marchiato di vergogna un secolo). Noi siamo quelli che, a fatica, nel tempo, e con mille difetti e problemi, hanno creato quella meraviglia che è lo Stato laico. La casa comune di tutti: fedeli in fedi diverse e non fedeli.
Noi siamo la civiltà della convivenza, consapevole di una cosa preziosissima, sconosciuta ai sudditi delle ideologie e agli invasati delle religioni: non esiste l'equilibrio perfetto e immutabile, ma solo la sua continua ricerca. Costellata d'errori e squilibri, ma mai squilibrata e orrenda quanto la pretesa d'incarnare la verità. La loro guerra di religione è fra islamici. Loro sono quanti pensano di fermare la modernità e l'evoluzione frapponendo, fra la ragione e i sogni umani, una pratica religiosa cieca e ossessiva.
Ci aggrediscono perché contano di usarci come ostaggi nella loro guerra interna. Non sperano nella nostra mollezza, per conquistarci. Per quanto siano dei deficienti, non lo sono abbastanza da crederci. Sperano che noi si perda il lume della ragione e si reagisca alla cieca, usandoci contro l'islam loro avversario, per dire: vedete? Non esiste altra via che la guerra totale. Dobbiamo essere durissimi, ma lucidi. Non rescinderemo i rapporti d'interesse e di cooperazione, che abbiamo con gran parte del mondo islamico.
Non chiameremo alla cacciata degli islamici dal nostro mondo, regalando ai fondamentalisti la più sontuosa vittoria.
Ma visto che loro uccidono in nome di un libro e di un credo, occorre che chi crede in quel libro li proclami, viva e tratti come nemici. Chi non ha fede li combatterà perché nemici della civiltà. Chi ha fede deve sentir dire che vanno combattuti perché nemici del loro dio.
Gli Stati islamici che vogliono sviluppare i rapporti con l'Occidente dicano e dimostrino, come taluni già fanno, che nulla vieta a un non musulmano, cristiano o induista che sia, o ateo, di risiedere e prosperare colà, rispettando leggi e costumi.
Non sono in grado di arrivare subito alla superiore formulazione dello Stato laico, ma possono ben praticare la convivenza.
La prevenzione degli atti terroristici richiede l'uso d'informazioni e la repressione delle intenzioni. Roba delicata, si possono commettere errori. Ma mentre nella giustizia è meglio un colpevole libero che un innocente in galera, nella prevenzione è meglio un equivoco bloccato piuttosto che un fallito fanatizzato in circolazione.
Per questo è preziosa la collaborazione di tutti i
disposti: affinché sia chiaro che non si agisce contro una fede, ma in difesa della convivenza e della sicurezza.Noi vinceremo e loro perderanno. Il solo modo per perdere è far confusione su chi siamo noi e chi sono loro.
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