Il Covid rialza la testa. Stando alle stime ufficiali, 69 su 233 nuovi contagiati, sono stranieri. Una percentuale rilevante che fa salire pericolosamente l'indice Rt nazionale a 1,01. Un aumento, conferma Gianni Rezza, direttore del Dipartimento delle malattie infettive del ministero della Salute, «dovuto alla presenza di focolai più o meno rilevanti di casi importati dall'estero». Una realtà che solleva malumori e preoccupazioni nella cabina di regia di stato-regioni. Ieri molte Asl, soprattutto del Sud, hanno segnalato piccoli focolai provocati da stranieri. E attualmente sembra che il pericolo Covid in Italia arrivi dall'estero. La cronaca degli ultimi giorni lo conferma. Solo ieri su 11 casi a Roma 9 sono riconducibili a voli di ritorno dal Bangladesh, nazione dove il virus è fuori controllo. Nel Lazio, su 14 casi, 13 sono d'importazione. Anche a Mondragone, cittadini bulgari rientrati in Campania avrebbero alimentato il focolaio. Un piccolo focolaio anche a Cesena e Ravenna è stato acceso sempre da cittadini del Bangladesh, in Italia per lavorare. E in Trentino un cittadino del Kosovo, positivo, ha violato la quarantena partecipando ad una festa.
Poi ci sono i migranti. Per Franco Locatelli, direttore del Consiglio superiore di Sanità, il loro ruolo è marginale in fatto di contagi. Per ora. Ma chi è scappato dalla quarantena obbligatoria dai centri di accoglienza potrebbe avere il virus in circolo e potrebbe contagiare chissà chi e chissà dove. Per loro, incomprensibilmente, l'obbligo del tampone non è previsto.
L'altra novità, segnalata dagli esperti, riguarda l'inquietante incognita braccianti transfrontalieri. Quelli attirati dalla raccolta dei pomodori al Sud o che arriveranno ad agosto per la vendemmia al Nord. Sono circa 150mila, secondo i dati della Coldiretti, molti meno dei 350mila della media stagionale, ma pur sempre un nutrito numero. Che potrebbe creare problemi. Tutta gente che proviene dall'area del Balcani, quella che attualmente ha subito un'impennata di contagi da Covid. Bulgari, rumeni, sloveni che vengono a lavorare in Italia in gruppo su pulmini stracarichi, superano valichi non controllati. Una situazione allarmante, secondo l'epidemiologo e direttore dell'Ats di Milano, Vittorio Demicheli. «C'è una ripresa del contagio nei collegamenti via terra soprattutto da gente che arriva dai Balcani. Al momento gli spostamenti stradali sono ignorati. Invece è necessario fare controlli per tutti i transfrontalieri, nei varchi non ci sono né controlli né barriere». Per l'esperto le istituzioni devono adottare «una strategia per esercitare verifiche. Non si può fermare la gente per strada». E aggiunge: La raccolta dei pomodori è già una realtà al Sud e per la vendemmia è solo questione di settimane. In Oltrepò ci sarà l'assalto di questi braccianti». È una mano d'opera necessaria ma da monitorare. «Un rischio da prevedere e da mettere in conto. Bisogna fare accordi e pretendere controlli prima della partenza di questi lavoranti». «In Italia - dice Demicheli - c'è una ripresa, non è una bella cosa, si vede dai numeri. Gli stranieri sono i più difficili da controllare. Stanno diventando un problema».
Anche su porti e aeroporti non c'è una linea chiara.
Il ministero della Salute non ha preso ancora una posizione ufficiale ma il viceministro Pierpaolo Silieri si sbilancia: «Per come la vedo io, i tamponi andrebbero fatti anche a chi arriva da aree extra Schengen non ad alto rischio. Tampone all'arrivo, una quarantena di 4-5 giorni, poi di nuovo tampone e se è negativo esci dalla quarantena».
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