La coerenza del partito e il carisma di Giorgia Meloni. È questo mix di ingredienti ad aver premiato Fdi alle urne, mentre dall'altra parte dell'emiciclo il popolo della sinistra vive un momento di grande difficoltà: lo testimonia un dato impressionante: il 68 per cento degli intervistati da Svg, in un'inchiesta sugli italiani dopo il voto, è favorevole al passo indietro annunciato da Enrico Letta. Nessun rimpianto, dunque, dopo la batosta elettorale. Argomento di riflessione, fra i tanti, suggeriti dall'analisi del voto contenuta nella rilevazione Radar Swg.
Il Radar cerca di afferrare le dinamiche che hanno guidato i cittadini ai seggi e dunque le ragioni per cui hanno scelto questa o quella formazione. A proposito del Pd sono tre le direttrici del voto raccontate dagli elettori. La prima ragione, con uno score del 30 per cento, è «cercare di battere le destre». La seconda motivazione del consenso, al 25 per cento, è la linea europeista del Nazareno e la terza, disarmante, con un corposo 21 per cento, è: «perché l'ho sempre votato».
Il leader non brilla, il partito appare come una macchina magari rassicurante ma grigia. Niente di più, a differenza dello spumeggiante e inatteso Movimento 5 stelle nelle versione Conte. Qui le spinte al voto sono assai diverse: un elettore su due, per la precisione il 49 per cento, ha cerchiato il simbolo del Movimento perché «è guidato da Giuseppe Conte» e un altro sorprendente 23 per cento si è schierato da quella parte perché «è l'unico vero partito di sinistra». Tanto da compiere, specie al Sud, una clamorosa rimonta nelle ultime settimane, portando via pezzi di elettorato al Pd. Il partito storico della sinistra sembra in mezzo alla nebbia, i 5 stelle paiono aver trovato, sia pure dimezzati rispetto alle dimensioni del precedente giro di valzer, un loro assetto.
Poi la ricerca si concentra sull'exploit della Meloni: la prima chiave del successo, sottolineata dal 40 per cento degli elettori, è la «coerenza» di Fdi, ma un robusto 30 per cento indica invece Giorgia Meloni e la sua guida carismatica. Lega e Forza Italia sono in discesa e il voto ha altre spiegazioni: il 28 per cento ha barrato il simbolo della Lega perché ha fatto «proposte valide» e solo il 19 per cento è stato calamitato dal nome di Matteo Salvini. Resta Forza Italia e qui fa pensare la motivazione del 24 per cento degli elettori, insomma quasi uno su quattro ha optato per Fi «perché è l'unico partito moderato della coalizione».
Un altro elemento mostra la differenza, pur all'interno della crisi, della Lega di Salvini dal Pd di Letta. Se due terzi circa degli elettori sono d'accordo con la ritirata del segretario del Pd, una percentuale analoga, pari esattamente al 70 per cento, sostiene Matteo Salvini e vuole che rimanga sulla tolda di via Bellerio. In questi giorni è tutto un crescendo di articoli e reportage che fotografano il malessere della base, delusa dai risultati e alla ricerca affannosa di un'interpretazione del ruolo politico meno fluttuante. Ma, gira e rigira, il piedistallo del segretario è ancora saldo, anche se salgono le voci di protesta.
Da notare anche la traiettoria di Carlo Calenda. Il 30 per cento lo segue perché «ha fatto proposte valide» e un altro 24 per cento si unisce al coro di lodi «perché non ha fatto proposte impossibili».
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