"Washington inaffidabile". Gli Alleati pronti a limitare lo scambio d'intelligence

Il gruppo dei "Five Eyes" e il timore che le informazioni possano arrivare a Mosca

"Washington inaffidabile". Gli Alleati pronti a limitare lo scambio d'intelligence
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Chi ha fiducia in Tulsi Gabbard? Nel mondo anglosassone pochi per non dire nessuno. La donna scelta da Donald Trump come direttore della National Intelligence, l'ente di coordinamento di 18 agenzie di sicurezza Usa (ci sono tutte: Cia, Fbi, Nsa e via continuando) è da sempre un personaggio controverso. Per i contatti con l'entourage del deposto dittatore siriano Bashar El Assad, e soprattutto per quelli con il mondo di Vladimir Putin, di cui condivide largamente le idee sul conflitto ucraino. L'idea che possa avere accesso ai segreti più nascosti dell'intelligence internazionale (con la possibilità di influenzare il presidente nel briefing quotidiano) fa venire i brividi soprattutto a chi è più vicino alla potenza americana. E il problema non è solo lei: tutta la direzione di politica estera della nuova amministrazione sembra mettere in discussione consolidate certezze.

La preoccupazione è talmente grande che proprio gli alleati più stretti degli Usa, quelli aderenti al gruppo dei cosiddetti «Five Eyes», stanno pensando di ridurre le informazioni strategiche condivise con gli Stati Uniti. A dare la notizia è il canale televisivo americano Nbc, che cita quattro fonti diverse a conoscenza della materia. La mossa sarebbe giustificata, sostiene pudicamente la Nbc, dalle preoccupazioni di salvaguardare gli agenti la cui identità potrebbe essere «inavvertitamente» rivelata all'esterno.

L'alleanza dei «Five eyes», i cinque occhi, è considerata il network spionistico di maggior successo della storia. Ne fanno parte le cinque grandi democrazie di lingua inglese: Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Al nucleo storico si sono aggiunti in anni più recenti, e con accesso alle informazioni ridotto, Israele e Arabia Saudita. Gli aderenti all'intesa sono impegnati a mettere in comune la gran parte dei dati e delle notizie raccolti nel corso della loro attività. Il risultato è una potenza di fuoco nel campo dell'intelligence che non ha uguali. Tanto da suscitare l'indignazione del nemico giurato dei servizi di sicurezza occidentali, Edward Snowden, l'informatico che contribuì alla rivelazione di migliaia di documenti segreti della National Security Agency americana (oggi è cittadino russo e vive a Mosca): «è un'organizzazione di intelligence che non obbedisce nemmeno alle leggi dei Paesi che ne fanno parte».

Le radici del gruppo risalgono agli sforzi comuni di America e Gran Bretagna per decrittare i codici tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Nel 1946 la collaborazione si tradusse in un trattato formale a cui via via hanno aderito gli altri Paesi.

A fare la parte da leone in tema di raccolta di informazioni sono ovviamente gli Stati Uniti. Anche loro, però ricavano non pochi vantaggi dall'intesa. Un esempio è la base australiana di Pine Gap, vicino ad Alice Spring, gestita con il governo di Canberra, che è considerata il più importante punto di osservazione delle attività militari e satellitari della Cina comunista.

Che per i «Five Eyes» fossero tempi turbolenti si era già capito qualche giorno fa da una notizia apparsa sul «Financial Times» (e poi smentita senza troppa convinzione). Secondo il quotidiano britannico Paul Navarro, consigliere al commercio di Trump (finì in galera per non aver testimoniato al Congresso in un'inchiesta contro il tycoon) ha consigliato al presidente di escludere dall'alleanza il Canada.

Nelle intenzioni si trattava di uno strumento per aumentare la pressione sul riottoso vicino del Nord, con cui è in corso un'inedita guerra commerciale. Nei fatti le conseguenze destabilizzanti potrebbero essere state più gravi del previsto.

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