"Come il fascismo con gli ebrei". Zan replica a Meloni ma scivola sul tema Lgbt

Alessandro Zan sbotta e accusa Giorgia Meloni di utilizzare la comunità Lgbt come "bersaglio", come il "fascismo usava la comunità ebraica". Affermazioni smentite dalla storia della leader di Fdl

"Come il fascismo con gli ebrei". Zan replica a Meloni ma scivola sul tema Lgbt

La "fiamma", il noiosissimo spauracchio del fascismo che fa la sua apparizione curiosamente ad ogni tornata elettorale, i diritti costantemente minacciati dalla "cattiva" destra sovranista. Con il consueto bagaglio di slogan triti e ritriti, Alessandro Zan, deputato del Partito democratico e noto attivista Lgbt, replica a Giorgia Meloni e alla sua lettera pubblicata sul Corriere della Sera nella quale la leader di Fratelli d'Italia smonta, pezzo per pezzo, il Ddl Zan. Secondo Meloni, infatti, "la sinistra con il Ddl Zan distrugge il materno", sottolineando che, per la stessa sinistra, "essere madre non è un valore sociale ma addirittura qualcosa che può essere comprato e venduto: l’utero si può addirittura affittare e le donne povere si possono sfruttare". Parole che evidentemente hanno colpito nel segno, a giudicare dalla reazione nervosa e sopra le righe:

"Giorgia Meloni e la destra sono in difficoltà sui diritti perchè i giovani sono tutti dalla nostra parte e siccome è in difficoltà, l'unico modo che trova per difendersi è diffondere fake e fare una gerarchia dei diritti utilizzando la comunità Lgbt+ - anzi la lobby come ha detto al comizio di Vox - come bersaglio, come il fascismo usava la comunità ebraica", replica stizzito Zan all'agenzia Adnkronos.

Zan e l'ossessione per il fascismo

Per Zan, esprimere un'opinione politica, come ha fatto Giorgia Meloni, è diffondere "fake news". Ma se la leader di Fdl è "in difficoltà", come sostiene il Pd, come mai le uniche argomentazioni dei dem si riducono alle ridicole polemiche identitarie sulla fiamma nel simbolo di Fratelli d'Italia e alla retorica sui diritti? Per non parlare del riferimento alla comunità ebraica e al paragone con il mondo Lgbt, del tutto fuori luogo. Meloni, prosegue il deputato del Pd, "vuole apparire moderata perchè per la stampa internazionale è l'erede della cultura postfascista, con la fiamma nel simbolo. Lei è difficoltà su questo. E allora il tentativo è quello di contrapporre i diritti delle donne a quelli della comunità Lgbt+. Il metodo Meloni, ormai fanatica della destra sovranista: dividere, fare gerarchie e diffondere fake news", afferma.

Se Zan conoscesse un po' la storia della destra italiana, saprebbe che, come ha scritto in quest'articolo Francesco Boezi, se c'è un politico che ha contribuito ad allontanare la destra italiana in modo definitivo da ogni estremismo, nostalgismi fascisti compresi, quello è Giorgia Meloni. A proposito di fascismo, c'è poi una lettera, citata in quest'altro articolo di Domenico Ferrara, che si può trovare facilmente in rete, datata 2008, che basterebbe da sola a schiarire le idee dei detrattori della leader di Fratelli d'Italia a cui si aggiunge la partecipazione, datata 2009, della stessa Meloni a un convegno promosso da Arcigay. Non esattamente la storia politica di una fanatica estremista, come la sinistra la vuole dipingere. E allora c'è qualcuno che, pur di tentare di delegittimare e screditare politicamente la leader di Fdl, vuole tirare indietro le lancette della storia. Come ha spiegato lo storico Emilio Gentile, a proposito dell'abusatissima etichetta di "fascismo", la funzione di una definizione, nel senso originario del termine, è circoscrivere, limitare, fissare dei confini. Invece, spiega in "Il fascismo in tre capitoli" (Editori Laterza), "nelle definizioni del fascismo generico, i confini storici del fascismo diventato spesso evanescenti. A seconda delle definizioni di "fascismo generico" che sono state proposte, ci troviamo di fronte a una sorta di "fascismo elastico che continuamente si allarga e si restringe nel tempo e nello spazio". Se tutto è fascismo, nulla è fascismo.

La sinistra e il problema dell'identità

Non è Giorgia Meloni a contrapporre il Ddl Zan alle donne, come sostiene il deputato piddino. Sono le donne che, in altri Paesi, si stanno ribellando contro l'ideologia di cui è infarcito anche il disegno di legge promosso dalla sinistra identitaria e Lgbt. Come ha sottolineato in quest'intervista il politologo Alessandro Campi, è una legge che, sotto le buone intenzioni dichiarate, persegue finalità politico-culturali sulle quali i suoi sostenitori tendono a sorvolare, pur sapendo che esse rappresentano la vera posta in gioco. "Mi riferisco all’idea - osservava Campi -che attraversa l’intera legge e ne costituisce, per così dire, il cuore ideologico, secondo la quale i tempi sarebbero maturi – sul piano del costume – per lasciarsi alle spalle le differenze tra i sessi naturalisticamente definite a favore delle identità sessuali e di genere soggettivamente percepite e autocertificate".

Si tratta di una battaglia identitaria e ideologica che anima, da tempo, il dibattito politico e culturale, soprattutto nei Paesi anglosassoni. Il concetto che gli ultra-progressisti vogliono far passare è il seguente: il genere è predominante rispetto alla realtà biologica. E questo, purtroppo per Zan, non può che scontrarsi con molti diritti acquisiti dalle donne nel corso dei secoli. È ciò che sostengono peraltro le femministe "gender critical", riunitesi lo scorso aprile su iniziativa della scrittrice J.K. Rowling a sostegno della campagna "Respect My Sex". Al pranzo di queste agguerritissime donne che si sono opposte pubblicamente - e non senza rischi e ripercussioni sulla propria carriera - alla dittatura del pensiero unico "woke", c'erano la professoressa Kathleen Stock, costretta a dimettersi dal suo ruolo di docente all'Università del Sussex dopo essere stata accusata di "transfobia" ed Helen Joyce, autrice di Trans: When Ideology Meets Reality, testo che tanto ha fatto arrabbiare le associazioni transgender.

Con loro anche l'ex editorialista del Guardian Susanne Moore, l'imprenditrice Angela Wild, Julie Bindel, femminista, attivista, conduttrice televisiva e autrice del libro "Femminism for Women", Maya Forstater, co-fondatrice di Sex Matters, e la deputata laburista Rossie Duffield.

Sono orgogliosamente femministe, di sinistra, e credono che l'ideologia trans(gender) leda i diritti delle donne. Colpa di Giorgia Meloni anche questo o forse la sinistra global-identitaria un problema con le donne lo ha davvero?

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