Mischia orgoglio ultranazionalista e temi identitari. Cita Napoleone e De Gaulle, Cartesio e Rousseau, Brigitte Bardot e Alain Delon. Rievoca la Grandeur, promette di «restituire potere al popolo» e spiega che i francesi «non si lasceranno sostituire», che «non è più tempo di riformare la Francia, ma di salvarla». Il diavolo Eric Zemmour irrompe per nulla a sorpresa nella corsa per l'Eliseo. Con il suo amor di patria, gli attacchi a chi disprezza la Francia - «potenti, benpensanti, élites, giornalisti, politici, sindacalisti, autorità religiose» - contro «gli eurocrati» e «l'islamo-sinistra», l'intellettuale prestato alla politica, già condannato per incitamento all'odio, fa sembrare un mezzo angelo Marine Le Pen, la leader dell'estrema destra impegnata da anni in un'opera di dediabolizzazione per togliersi di dosso il marchio di Lucifero ereditato dal padre Jean-Marie. Dopo mesi di attesa e indiscrezioni, Zemmour annuncia a mezzogiorno quello che tutti sapevano: si candida alle presidenziali di aprile in Francia, per impedire la rielezione di Emmanuel Macron. Lo fa con un video di 10 minuti sul suo canale YouTube, rilanciato via social e seguito da un'ospitata alle 20 su Tf1.
Sulla colonna sonora della sinfonia numero 7 di Beethoven, con una scenografia e toni che ricordano il generale De Gaulle mentre invitava i francesi a battersi contro i nazisti nel 1940 (libreria sullo sfondo, luci scure e microfono vintage), Zemmour fa appello allo spirito combattivo dei francesi e li invita a una missione: battersi per «recuperare la sovranità», lottare per smettere di «sentirsi stranieri nel proprio Paese», «esuli dall'interno». Il filmato, ingenuo nella fattura e montato su immagini a effetto per rievocare la gloria del passato e il degrado del presente (quest'ultimo rappresentato da immigrati e persone di colore), è già sotto accusa per violazione del copyright. Diversi estratti tra cui il film di Giovanna d'Arco restaurato da Gaumont - sono stati usati senza consenso degli autori, che ora pensano di ribellarsi. Ma poco importa a Zemmour, che spiega di aver smesso di «accontentarsi del ruolo di giornalista e di Cassandra» e di «aver deciso di prendere in mano il nostro destino» perché «destra e sinistra hanno mentito». Ai compatrioti promette di recuperare un Paese «che sta scomparendo», «che è come se vi avesse lasciato». L'obiettivo: «Che i nostri figli non siano più sottomessi, che si possa preservare il nostro modo di vivere, le nostre tradizioni, la nostra lingua», affinché «i francesi si sentano di nuovo a casa e gli ultimi arrivati si assimilino alla loro cultura». Sull'immigrazione è inequivocabile: «Non è la causa di tutti i nostri problemi, ma li aggrava tutti». «Non ci lasceremo dominare, conquistare, rimpiazzare». Quanto alle critiche: «Vi diranno che siete razzisti e animati da passioni tristi, ma è la passione più bella che vi anima, quella per la Francia». Infine l'appello: «Siamo un grande popolo, abbiamo sempre trionfato. Raggiungetemi». Se la spunterà in primavera, per arrivare almeno al ballottaggio, è presto a dirsi. Secondo l'ultimo sondaggio del Jdd, Zemmour è al 14%, Le Pen al 19%, Macron al 25%. Ma di fronte ci sono quattro mesi di battaglia. Ieri un assaggio. Le Pen: «Candidato divisivo». Il portavoce del governo, Gabriel Attal: «Un Trump fasullo». Il leader socialista, Olivier Faure: «Usa il microfono di De Gaulle ma parla come Pétain», il capo del governo filo-nazista di Vichy.
L'ex ministro di Chirac, Dominique Bussereau: «Sembra il discorso di Norimberga, ha solo sostituito Wagner con Beethoven». Lui replica su Tf1: «È chi mi accusa di esacerbare le tensioni ad appiccare il fuoco, non facendo nulla da 30-40 anni».
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