Il precario di Palazzo Chigi

Prodi riesce sempre a stupirmi. Come sapete di lui ho una modesta opinione. È dai tempi dell’Iri che sono convinto che sia un brocco, un lottizzatore travestito da risanatore. Se di Berlusconi si dice che sia un venditore nato, nel suo caso si può parlare di svenditore nato: non c’è infatti trattativa a cui lui prenda parte che non si concluda con un accordo al ribasso. Non alludo solo alla cessione di aziende e banche pubbliche, di cui credo che ognuno di voi conservi memoria ricordandone i trascorsi da boiardo, ma anche al recente passato politico. Da capo della Commissione europea non c’è nulla che gli sia andato per il verso giusto e in Italia altrettanto. L’ultimo esempio è quello del Partito democratico: lo ha costruito a sua immagine e somiglianza – e quindi con i contorni incerti che gli sono propri - ma alla fine il Pd rischia di essere il cappio a cui lo appenderà Veltroni.
E proprio mentre il sindaco di Roma lavora per fargli infilare il collo nel nodo scorsoio e la maggioranza di governo batte in ritirata in ordine sparso, da Prodi almeno uno scatto d’orgoglio me lo sarei aspettato. Immaginavo che non essendo capace di governare, almeno lo fosse nel far le valigie. Sbagliando, ritenevo che un uomo che ha galleggiato tutta la vita, dandola a bere a molti, fosse capace di salvare quel po’ di faccia che gli resta, che pure dopo i casi Rovati, Sircana e Speciale non è molta. Insomma: credevo che, sebbene bollito, il presidente del Consiglio volesse evitare di farsi rosolare, nell’interesse di quelle istituzioni con cui si riempie spesso la bocca.
E invece no, l’uomo si lascia cucinare a fuoco lento, al posto di ritirarsi dietro una grata dopo l’ennesimo fallimento, preferisce la graticola. I compagni gli guastano la riforma delle pensioni? Lui sbuffa. I Verdi anti Tav lo lasciano al verde facendogli perdere i finanziamenti europei? Romano sospira. Gli alleati gli mandano gambe all’aria la legge sull’ordinamento giudiziario? Prodi alza gli occhi al cielo. Come pensi di uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciato e in cui ha cacciato l’Italia nessuno lo sa e nemmeno lui lo spiega. Visto da lontano sembra un uomo cui sfugga il senso di ciò che gli accade attorno. Visto da vicino ci si rende conto che è uno sconfitto che invece di arrendersi preferisce trascinare tutti alla sconfitta. Lo scatto di orgoglio – le dimissioni – non c’è perché prevale il rancore, la voglia di farla pagare, di regolare i conti con i compagni che lo hanno tradito e con i nemici che lo hanno avversato.


Non è un bello spettacolo quello che ci tocca di vedere: l’uomo che promise agli italiani di eliminare il precariato per dare un futuro alle giovani generazioni, in realtà ha garantito solo più precarietà per tutti. Sotto questo sol dell’avvenir, dalle tasse alla giustizia, dall’energia alla riforma previdenziale, nulla è certo. Ma del resto che può importare a Prodi dei conti dell’Inps? Lui la pensione ce l’ha. Anzi ne ha tre.

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