La conferma ufficiale arriva ieri pomeriggio, quando l'International Board - il governo planetario del rugby - rilascia sul suo sito la classifica aggiornata delle nazioni dove si pratica la nobile arte della pallaovale. É una classifica (www.irb.com/rankings/index.html) la cui rilevanza può essere difficile da comprendere se non si è calati appieno nelle dinamiche un po' da vecchio club di gentiluomini che - a dispetto del professionismo imperante - regolano il rugby mondiale: e che fanno sì che una squadra troppo in basso nel rank non sia ammessa a disputare un incontro ufficiale con una della fascia alta, trattandosi di un onore da conquistarsi sul campo passo dopo passo. E peraltro la squadra blasonata non si abbassa a giocare con una troppo distaccata, ritenendo poco dignitoso seppellire di mete un avversario palesemente non all'altezza.
Insomma, ogni gradino scalato nella classifica è motivo non solo d'orgoglio ma anche riconoscimento concreto. Così la promozione dell'Italia dal dodicesimo all'undicesimo posto va catalogata tra i pochi successi concreti dell'era Mallet, anche perchè arriva alla fine di un ciclo di test match dove gli azzurri hanno fatto davvero vedere progressi concreti: paradossalmente, proprio nelle due partite più difficili, quelle contro Nuova Zelanda e Sudafrica, mentre l'unica vittoria conquistata sabato ad Ascoli contro le Samoa Occidentali è sembrata a tutti un passo indietro da tutti i punti di vista. Gli stessi azzurri che si erano comportati quasi eroicamente contro All Blacks e Springboks sembravano tornati all'improvviso gli arruffoni disorganizzati di sempre.
Brutta vittoria, insomma, ma servita ugualmente a scavalcare nel rank proprio le Samoa, che ci stavano davanti di un posto. Adesso il prossimo, realistico obiettivo è superare l'altra piccola nazione oceanica, le Isole Fiji, che stanno in decima posizione. Da lì in avanti, scalare un altro gradino si presenta una impresa titanica, perché iniziano i nomi del Gotha: al nono posto la Scozia, all'ottavo il Galles, al settimo l'Argentina. E poi ancora più su i livelli inarrivabili: al sesto l'Inghilterra, al quinto la Francia che si è appena fatta scavalcare dall'Irlanda. Sul podio, in ordine immutato, le tre superpotenze: Nuova Zelanda al primo posto, al secondo il Sudafrica, al terzo l'Australia.
Ci si può consolare osservando che sotto di noi c'è praticamente il resto del mondo. Del rank fanno parte complessivamente 95 squadre nazionali. Il fanalino di coda è la Finlandia, preceduta nell'ordine da Lussemburgo, Vanuatu (e dov'è?), Austria e Monaco.
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