Al Qaida lancia la jihad dell’evasione fiscale

Il Mohammad della mia spiaggia la sa lunga. Ogni anno mi rifila un asciugamano. Ogni anno gli chiedo delle sue tasse. Ogni anno mi risponde con il gesto dell’ombrello. “Le tasse a voi? Col cavolo...i miei soldi li do alla mia famiglia e al mio Dio”. Che Osama e la santa Al Qaida lo abbiano in gloria. Quel Mohammad di Marocco, trapiantato in Liguria, vede lontano. La pensa già come il maestro Anwar Al Awlaki. Anticipa l’articolo che il novello maître à penser di Al Qaida ha appena messo nero su bianco sul quarto numero di Inspire, la rivista portavoce della succursale yemenita di Al Qaida. Il tema del mese stavolta non sono solo gli attentati, le bombe e i rapimenti, ma le tasse e i soldi degli infedeli. Insomma come comportarsi con il fisco del nemico. Come rispondere alla pretesa di quei dannati stati crociati pronti a far pagar le tasse persino ad un buon musulmano. Una pretesa che il buon sceicco, rintanatosi sulle montagne dello Yemen per fuggire i missili della Cia dopo aver ispirato la strage di Fort Hood, distrugge a colpi di Corano, sharia e Jihad. «Ogni Musulmano che si trova a vivere in “dar al-harb” (territorio di guerra Ndr) deve guardarsi bene dal versare i suoi averi agli infedeli, sia che si tratti di tasse, dazi o multe. Un musulmano è autorizzato a ingannare gli infedeli per appropriarsi dei loro beni ...dunque è autorizzato anche a ingannarli quando si tratta di versar loro parte delle proprie ricchezze». Il ragionamento non fa una grinza, discende tutto dal concetto di “dar el harb” ovvero di “linea del fronte”. Un fronte esteso. Una fronte che non si ferma in Afghanistan, Yemen o Irak, ma transita per il cuore dell’Italia, dell’Europa e dell’America, tocca qualsiasi brandello di territorio dove si sia insediata una comunità musulmana pronta ad accogliere il messaggio di Al Qaida e lanciare il nuovo Jihad. Un Jihad del 740 che rischia di far tremar Tremonti e tutti i suoi omologhi, che minaccia di far più proseliti della guerra santa combattuta con mitra e giubbotto esplosivo. Pensateci. Se morire per il Profeta non è più così di moda, se farsi saltare in aria sognando le vergini e il miele del Paradiso non ha più l’ “appeal” di un tempo, il pensiero di risparmiare qualche euro o qualche dollaro mantiene un fascino immortale. E promette di portar in dote ad Awlaki e Al Qaida più consensi di un sermone recitato con il kalashnikov in mano, più adesioni del sacrificio d’uno “shahid” imbottito d’esplosivo. Del resto i tempi son quelli che sono. Gli attentati vanno a buca, i militanti latitano e le casse di Al Qaida, provate da nove anni di Jihad e forzata assenza del boss miliardario Bin Laden son sempre più vuote. “La Guerra Santa - ammette lo sceicco nato nel New Mexico e considerato il possibile erede di Osama - ha un disperato bisogno di appoggi e risorse finanziarie....questa quindi deve essere la priorità per tutti i nostri fratelli.... ma piuttosto che finanziare lo Jihad con i proprio portafogli e meglio concentrarsi su come far uscire quei soldi dalle tasche dei nemici”. Il messaggio ha un suo indubbio fascino. Bando agli indugi, fregare il fisco – fa capire Awlaki - non è l’unica possibilità. Volendo ci si può spingere anche più in là. Volendo si può persino pensare si allungar le mani sulle ricchezze degli infedeli, delle loro società e delle loro istituzioni. Le scuse migliori restano sempre il “dar al harb” e la guerra santa. «I nostri studiosi - scrive lo sceicco - sono tutti d’accordo le proprietà degli infedeli sono sempre obbiettivi legittimi per i mujaheddin». Con un’unica avvertenza. «Per quanto sul campo di battaglia la razzia dei beni nemici sia perfettamente ammessa noi raccomandiamo di non colpire i cittadini dei paesi dove la pubblica opinione appoggia la causa musulmana. Bisogna puntare piuttosto – precisa solerte Awlaki - a bersagli come le proprietà dello stato, le banche, le multinazionali o le proprietà di infedeli particolarmente animosi nei confronti dei musulmani». Solo in America ogni bersaglio è lecito.

“Negli Stati Uniti cittadini e istituzioni restan comunque bersagli validi, chi vota quei mostruosi governi non è certo buono ..chiunque fa loro danno fa un favore alla comunità dei fedeli”. Tremonti e amici sono avvertiti. Il prossimo 11 settembre colpirà sì l’America, ma non risparmierà certo l’agenzia delle entrate.

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