I monologhi di Saviano. I numeri di Saviano. Saviano che dà i numeri. Parla della camorra, lo scrittore, e del business dei rifiuti che ormai ha soppiantato il narcotraffico, e mitraglia di cifre i telespettatori che a milioni lo ascoltano. Difficile non perdersi in quella foresta di dati, cupi e paradossali, ma se solo se ci si ferma un attimo a riflettere si scoprono altri paradossi. Insuperabili. Il ragionamento dello scrittore qualche volta inciampa e va a sbattere contro la realtà. Nessuno vuole negare la drammaticità dei temi sollevati, ma il troppo zelo va a braccetto con la fantascienza. Così, con un’avventurosa progressione, l’autore di Gomorra ci informa che a Pianura sono stati «sversati» veleni di ogni tipo, veleni dai nomi sinistri, veleni che sembrano draghi. Ma quel che conta, Saviano ci spiega che solo fra l’88 e il ’91 dall’Acna di Cengio sono arrivati a Pianura un miliardo e 300 milioni di metri cubi di fanghi; più spiccioli di schifezze varie - sali sodici, fanghi velenosi a base di cianuro, diossine, derivati dell’ammoniaca e altro ancora - per ulteriori 4 milioni cira di rifuti tossici. Numeri ribaditi ieri su Repubblica. Numeri che danno un totale di un miliardo e 304 milioni di tonnellate.
Se si prova a tradurre queste astrazioni, se le si rapporta alla realtà, si arriva a risultati incredibili. In sostanza dovremmo immaginare circa trentamila tir al giorno che fanno su e giù per la penisola, dalla provincia di Savona a quella di Napoli. Dalla Liguria alla Campania. Ora, se solo attribuiamo al tir una lunghezza di dieci metri, dobbiamo simulare una coda quotidiana di quasi trecento chilometri. Trecento chilometri di tir per portare i rifiuti dell’Acna. Trecento chilometri di camion in fila indiana. Trecento chilometri di rifiuti in marcia ogni 24 ore, 365 giorni all’anno per tre anni sull’autostrada della pattumiera. Troppo. Per intenderci, la distanza che separa Firenze da Milano. Insomma, i numeri, suggestivi fin che si vuole, sono numeri dell’irrealtà. Non stanno né in cielo né in terra né, è il caso di dire, sottoterra.
Certo, Saviano non è un matematico e alla vis polemica del saggista si può perdonare qualche svarione. Però è bene segnalare che le cifre non sempre sono le tavole della legge. Qualche volta assomigliano maledettamente a ballon d’essai in volo sulla nostra credulità. Così, proprio l’ouverture del monologo ci porta in alto. Sempre più in alto. Alla vertiginosa quota di 15.600 metri. Quasi il doppio dell’Everest, che non raggiunge i novemila, per non parlare del monte Bianco, al confronto un nano, incatenato ai suoi 4800 metri. Che cosa è questa montagna che sale, sale, sale oltre le nuvole? Ovvio, è l’immondizia accumulata in Campania dalle organizzazioni criminali. Solo che Saviano fa poggiare il suo super Everest su una base di 3 ettari. L’equivalente di sei campi da calcio. Perché tre ettari? Risposta: perché gli viene comodo. Saviano disegna un gigante che poggia sulle zampine di una formica. Impossibile quasi da immaginare.
Insomma, a furia di contare e mettere in fila ecoballe, lo scrittore compone il suo ecomostro. Perché a voler essere realisti, e dare all’Everest la base dell’Everest, almeno 1.200 chilometri quadrati, la montagna di Saviano si fermerebbe a quota 25 centimetri.
Venticinque centimetri. La vetta più bassa del mondo. E soprattutto la meno televisiva dell’universo. Comunque, è questione di gusti. Basta scegliere.
A voler restringere ulteriormente la base, da 30mila a 1 metro quadro, Saviano porterebbe i rifiuti fin sulla luna. Dando loro una dimensione non solo planetaria, ma addirittura spaziale. Basta intendersi. Con i numeri si può andare ovunque. Perfino nel ridicolo. Il territorio meno adatto per un problema che è tragico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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