Il Teatro Parioli, gli ospiti più celebri, la colonna sonora indimenticabile. A quasi un anno dalla morte, il modo migliore per celebrare Maurizio Costanzo è stato di riunire i suoi amici nel luogo dove è nato, e per tanti e tanti anni è andato in scena, uno degli spettacoli decisivi della tv italiana: il Maurizio Costanzo Show. In Italia la tv si divide tra un prima e un dopo la nascita nel 1982 del talk show che ha disegnato l'identikit definitivo di un genere tuttora popolarissimo. Allora stasera 20 febbraio in seconda serata su Canale 5 andrà in onda Dedicato a... Maurizio Costanzo condotto da Fabio Fazio con Maria De Filippi. In scena, da Fiorello a Mentana a Sgarbi, Platinette e Iacchetti, sono arrivati i protagonisti ricorrenti del talk show più longevo della tv italiana (42 edizioni), quello che ha più imitazioni della Settimana Enigmistica ma che non è replicabile per il motivo più ovvio: manca lui. E forse adesso, a ridosso dell'anno dalla sua scomparsa il 24 febbraio 2023, si capisce meglio ancora l'importanza che ha avuto il «Codice Costanzo» nell'intrattenimento e nell'informazione italiana.
Intanto è arrivato prima di tutti, mescolando il «basso» e l'«alto» con quello che con il suo humour disincantato chiamava «fritto misto». Prima di Costanzo, gli incontri tv erano impaludati nelle convenzioni, riunivano magari professoroni, primi ministri e teorici specchiati che però faticavano a raggiungere la destinazione finale, ossia il pubblico della Rai. Erano dimensioni parallele ma non comunicanti con quelle dell'uomo della strada, informate e utili per carità, ma incomprensibili ai più. Costanzo, che già a fine anni Settanta dopo Bontà Loro aveva un curriculum gigantesco e prestigioso, cambia le carte in tavola. Arrivano ciò che mancava a una tv popolare, ossia i protagonisti di storie comuni ma fuori dal comune, quelli che diventano esempi negativi o positivi e comunque fanno discutere. E fanno discutere su temi veri, non su fuffa. Oltre a loro ci sono attori, politici, musicisti, letterati, primi ministri, premi Nobel, capi di stato. Oggi sembra quasi impossibile, ma al Costanzo Show sono passati Michail Gorbaciov, Donald Trump, Michelangelo Antonioni, Giovanni Falcone, Mastroianni Gassmann Manfredi e Sordi, Carmelo Bene, Spadolini e Andreotti, Robin Williams e Paola Borboni giusto per citarne qualcuno. Ha fatto campagne sociali, si è schierato coraggiosamente contro la mafia (inutile ricordare l'attentato di Via Fauro a Roma nel 1993), è stato centrale nelle campagne elettorali senza mai prendere posizione.
In pochi anni, il Maurizio Costanzo Show diventa un crocevia indispensabile per l'opinione pubblica italiana. Tanto per fare un esempio, nel 1991 lo speciale sulla morte di Libero Grassi, condotto in alternanza con Michele Santoro, arrivò a quasi dieci milioni di telespettatori. Ma il Costanzo Show non era solo quello. Era disimpegno, anche. C'erano momenti di divertimento totale con artisti come Villaggio (che gli era molto debitore), Bisio, Vergassola, Gioele Dix, autentici mattatori dello spettacolo.
E c'era anche la musica. Non a caso questa sera, in Dedicato..., Giorgia canta Se telefonando, scritta proprio da Costanzo con Ghigo De Chiara per l'arrangiamento di Ennio Morricone. Al Costanzo Show passavano tanti cantanti, e non erano mai passaggi esclusivamente promozionali perché tiravano fuori lati inediti, spesso del tutto inattesi. Di certo il merito era di questo giornalista difficile da riassumere in una sola definizione. Costanzo non aveva una tecnica di intervista. Era Costanzo. Come ha scritto Gian Paolo Caprettini «è un pontefice dell'interruzione. Riesce cioè a far dire, a far seguitare la conversazione e il ragionare, inframmezzandosi al discorso altrui e nello stesso tempo rendendolo possibile». È il modo migliore, e anche il più inimitabile, per trovare notizie, creare curiosità, diventare indispensabile. Per decenni, il Costanzo Show è stato un appuntamento pressoché indispensabile della tv, non a caso era diventato il «salotto mediatico» più influente e, di conseguenza il più desiderato.
E allora ben venga che Verdone (memorabile anche questa volta), De
Sica, Arbore, Covatta, Bonolis, Mara Venier e tanti altri si siano ritrovati là dove è iniziato tutto, ossia al Parioli, per ricordare, su quelle note indimenticabili, un'epoca che è appena finita ma sembra già così lontana.
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