Matteo Renzi, il sindaco di Firenze che - nonostante la giovane età - è sempre più tentato dalla politica nazionale, ha compiuto il capolavoro di far arrabbiare con una decisione sola i socialisti e i dipietristi. Al centro del nuovo terremoto di Palazzo Vecchio c'è il rimpasto, col taglio degli assessori voluto dal primo cittadino, che ha deciso di avvalersi di una giunta di otto membri soltanto, contro i sedici previsti dallo statuto. «Un esempio» - si inorgoglisce Renzi - di taglio «dei posti e dei costi» della politica. Il problema è che con il rimpasto Renzi ha definitivamente sepolto le aspirazioni di entrare in giunta dell'Italia dei valori, che aveva un posto ma lo ha perduto quando il suo assessore, Cristina Scaletti, è entrata a far parte del governo regionale. I dipietristi fanno parte della maggioranza, con due consiglieri. E ora stanno riflettendo se restarci. «Prendiamo atto che si è formalizzata la rottura di un patto elettorale con i cittadini: tanti auguri a Renzi e al suo monocolore», ha detto Fabio Evangelisti, segretario regionale Idv. «Bisogna essere chiari - ha replicato Renzi - L'Idv ha detto: "O ci date un assessore o andiamo via dalla maggioranza", e io ho risposto "ciao". Non puoi mica restare in maggioranza solo perché hai un posto a sedere». Una risposta che ha fatto ancor più infuriare gli uomini di Antonio Di Pietro.
Ma il rimpasto di Renzi ha causato la rottura anche con i socialisti, che in Toscana stanno nella giunta regionale di Enrico Rossi proprio con il loro segretario, Riccardo Nencini. L'assessore tagliato a Palazzo Vecchio, infatti, è Elisabetta Cianfanelli: «Nessuno mi ha spiegato i motivi della mia esclusione - si è rammaricata lei - mi hanno avvisato solo un minuto prima dell'annuncio di ieri del sindaco in Consiglio comunale. Lui non mi ha nemmeno chiamato. Sto ancora aspettando una motivazione». «Renzi - ha aggiunto Cianfanelli - ha parlato del rimpasto di giunta e degli attuali otto assessori», «anche in termini di tagli ai costi della politica: ma questo non è vero - ha replicato - La mia indennità era al 50%, perché sono anche docente universitaria, ed era di 1790 euro al mese. Oggi all'ottavo assessore dovrà dare un'indennità doppia, quindi nessuna riduzione dei costi». E se Pieraldo Ciucchi, segretario regionale, ha fatto notare a Renzi che sbaglia a voler fare a meno dei riformisti perché «la sua matrice dossettiana e l'innesto di cultura democratica post-comunista non gli saranno sufficienti a completarne il ruolo di leadership», proprio Nencini ha dato al sindaco-rottamatore l'ultima stoccata: Firenze - ha sentenziato ieri il successore di Enrico Boselli - è «l'unica città in Italia dove un novello Duca di Atene ha nominato una giunta monocolore. Non un monocolore di partito, ma un monocolore di un pezzetto di un partito, tanto somigliante ai governi balneari Fanfani e Leone. Secondo Nencini, Renzi ricorda la figura del «Duca di Atene».
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