Che dio, il dio del calcio, con la minuscola naturalmente, strabenedica gli inglesi. Se oggi possiamo tornare a sventolare il tricolore per le strade, è merito loro e di quel superbo quarto di finale vissuto ieri sera a Kiev, in uno stadio blindato, senza tifosi al seguito ma con gli ucraini dalla nostra parte, interpretato dal cuore grande così dei ragazzi in maglia azzurra. Un cuore grande così e un paio di prodezze sui calci di rigore. Una di Buffon, finalmente para-rigori su Cole, e l’altra di Diamanti che mette la firma sul passaggio alla semifinale. Meritato, anzi meritatissimo. Perché onorato con una prova di calcio generoso tradito solo dai gol mancati, dai due pali scheggiati da De Rossi e Diamanti. Adesso la mezza Italia di Prandelli, partita alla volta dell’europeo inseguita dagli schizzi di fango (scommessopoli), tra timori diffusi e ridotte speranze, superato lo snodo vitale dei quarti, può iscriversi al club delle migliori quattro nazionali del vecchio continente e puntare alla semifinale di Varvasia contro la Germania. Anche per loro c’è una speciale tradizione da ricordare: mai persa una partita di qualificazione, seria, di quelle che contano e che lasciano il segno insomma.
Che dio strabenedica gli inglesi, allora. La loro mutazione genetica, da calcio poco tattico e molto coraggioso a esponente di prima fila del catenaccio moderno, non sortisce alcun effetto positivo. Anzi, rinchiusi nella loro metàcampo, come provinciali, fanno una certa impressione. Anche un po’ di pena. Castigati ancora dai rigori, secondo una tradizione che sta diventando maledizione autentica. Solo Montolivo non assolve il compito dagli undici metri, al resto provvedono la sciatteria inglese e anche l’intuito felino del portierone azzurro. Così alla fine di una serata epica tutto lo stadio canta azzurro di Celentano che arriva da Kiev a Milano e Roma. «Il cuore non basta, bisogna andare oltre»: l’ammonimento di Prandelli prima di cominciare. Detto e fatto: a parte il cuore, c’è il gioco, disegnato da un architetto di fama, Pirlo il migliore degli italiani da cima a fondo. Anche Prandelli, per una sera, può far festa. Prima di lui solo Zoff, nel duemila, dodici anni prima perciò, riuscì a fare meglio conquistando la finale di Rotterdam persa ai supplementari con la Francia.
Non hanno gli ormeggi saldi, gli inglesi: si lasciano prendere subito d’infilata dall’Italia ed è il segno del loro disagio, forse anche di un complesso amplificato dal palo (terzo minuto) scheggiato col sinistro liftato da De Rossi appena Marchisio gli cesella un pallone al bacio sul limitar dell’area di rigore. È come prendere un gancio in pieno viso: o si va ko oppure ci si rialza più determinati di prima. All’Inghilterra capita la seconda reazione. Immediato il loro affondo (Johnson infilatosi in area ha un tocco morbido che Buffon prende al volo come farfalla sfuggita al retino) che non toglie alla prima frazione della sfida il connotato principale. Chi governa il gioco e tiene palla, non tipo la Spagna naturalmente, è l’Italia di Prandelli con De Rossi e Pirlo che fanno società in ogni zolla di campo: la produzione di giocate intraprendenti è anche soddisfacente, manca la resa, tradotta la mira, in particolare di Mario Balotelli che a un certo punto si sfoga prendendo a calci il palo della porta di Hart. Mario contrae un debito da saldare con i suoi a metà primo tempo quando Pirlo gli scodella nel corridoio giusto la palletta giusta per spaccare la partita. Lui, Mario, la spreca lasciandosi rimontare da Terry, autore della precedente distrazione difensiva.
L’Inghilterra non sta solo a guardare, ha una vistosa vocazione a difendere, spesso sono in 9 dietro la linea della palla, i due piloni centrali lasciano scoperti molti varchi, ma appena c’è un errore in campo azzurro, quello di Pirlo su punizione battuta corta, ecco scattare il serramanico del contropiede con Welbeck (tiro sulla traversa). Stesso profilo nella ripresa: comanda l’Italia, fino a schiacciare gli inglesi nella loro metàcampo, pronti a difendersi con le unghie e con i denti. Ma è sempre la mira degli azzurri la nota dolente della serata: comincia De Rossi, svirgolando sotto porta, prosegue Montolivo alzando di qualche centimetro sopra la traversa dopo un siluro di De Rossi deviato in malo modo da Hart, conclude Nocerino (arrivato al posto del romanista affaticato con un inserimento dei suoi) che finisce fuori per un tocco involontario.
C’è il supplizio dei supplementari da affrontare con uno scenario non proprio esaltante: Abate e De Rossi fuori per acciacchi muscolari, dentro Maggio (prossimo alla squalifica) e Diamanti, Cassano rimpiazzato perché spolpato dai 70 e passa minuti al servizio del gol.
Non manca lo sgambetto del destino, costituito dal secondo palo centrato da Diamanti e dal gol tolto a Nocerino per fuorigioco mentre gli inglesi chiudono asseragliati nella loro metàcampo nonostante l’arrivo del torrione di Carroll e la consistenza di Walcott, lanciati da Hodgson nella mischia nel tentativo di sottrarsi allo strapotere azzurro. Si decide ai rigori, per fortuna. E la sorte non volta le spalle. Sbaglia Montolivo, l’unico, gli altri da Balotelli a Pirlo, Nocerino e Diamanti hanno il piede freddo. Si va a Varsavia, ci aspetta la Germania.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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