Riina junior ritorna a casa ma Corleone non lo vuole più

Vince il Veneto, perde la Sicilia. Colpo a sorpresa: il grande indesiderato torna a casa, proprio in quella Corleone che l'ha visto crescere, nel modo ben noto, nella famiglia ben nota. Giuseppe Salvatore Riina, 34 anni, erede di cotanto padre, amorevolmente chiamato «Salvuccio» dai parenti stretti, non riesce nemmeno a crederci: «Sono confuso, ma felice». Impossibile dargli torto: per un detenuto che fino a poche ore dal rilascio pensava di finire a Padova, cercando una nuova strada e una nuova etica personale in una Onlus contro la droga, il clamoroso cambio di destinazione appare come un colpaccio alla lotteria. Ma così ha deciso la legge italiana, che in extremis ha fatto saltare il «provvedimento di sorveglianza», con meta Padova, ripristinando la «norma di prevenzione» emessa all'epoca della condanna: il gioco è astruso e complesso come tutte le matasse normative, la sostanza dice domicilio Sicilia.
«Salvuccio» è già a Corleone, il Veneto tira un sospiro di sollievo. Ma la vera notizia, di questi tempi, è un'altra: Corleone, proprio la Corleone intrisa di mafia raccontata nella letteratura e nel giornalismo d'inchiesta, lo vuole ancora meno del Veneto. È subito il sindaco Antonio Iannazzo, Pdl, a manifestare senza giri di parole lo stato d'animo della popolazione, almeno di una certa popolazione: «La posizione dell'intero Comune è sempre la stessa: Giuseppe Salvatore Riina non è persona gradita qui e se ne deve andare. Credo che la sua presenza sia pericolosa. Del resto, non abbiamo registrato da parte sua alcuna dissociazione da Cosa Nostra, e nemmeno pentimenti per ciò che ha fatto. Non è Corleone il luogo dove possa sperimentare un'ipotetica volontà di cambiamento».
La sorpresa: Junior non torna a Corleone accolto da fanfare e passatoie rosse, come molti avrebbero pensato, data la storica egemonia da vicerè che il padre aveva esercitato per lungo tempo. Il vento sta cambiando, Corleone respira l'atmosfera dei luoghi che faticosamente cercano di voltare pagina, come le nazioni appena uscite dalle più feroci dittature. Ma tutti sanno che il processo di pulizia non è ancora compiuto: nei luoghi di Riina sopravvivono persone e valori fedelmente ancorati alla tradizione. È di questo che il sindaco parla, paventando pericoli. Junior è pur sempre il condannato che la sentenza ha definito «vero capomafia», riconoscendogli «personalità permeata da una convinta cultura mafiosa». Certo avrà obbligo di dimora e dovrà rientrare a casa prima delle 21, ma chiunque in Italia sa che per certe relazioni, certe trame, certi ordini queste restrizioni non servono a nulla: i veri capi mafiosi, quando vogliono, comandano dal 41 bis, senza neppure affaticarsi troppo.
E poi c'è il simbolo. La solo presenza di un nome così fortemente evocativo può esercitare un'influenza funesta, per qualcuno di paura, per qualcuno di riscossa, su tanta parte dei concittadini. Corleone vorrebbe prendere le distanze da Riina, ma ora queste distanze si fanno fisicamente e metaforicamente più ridotte. Il sindaco non lo manda a dire.
Dove destinare, allora, questo vip degli indesiderati? Il Veneto, urlando il suo «già dato!», ha fatto di tutto per respingerlo. Ora anche la sua stessa città. Figura ingombrante e ambigua come un'ombra nera, Junior si ritrova senza dimora e senza radici, al termine di un'esistenza che prometteva ricchezze, potere, comando. Non gli mancheranno la famiglia e una corte di fedelissimi, ma gli mancherà la semplice pace di un approdo tranquillo, che gli onesti e i semplici ben conoscono. Ne valeva la pena? Ognuno ha una propria contabilità di vita: c'è chi continuerà a idolatrarlo e a invidiarlo, c'è chi lo compiangerà e mai si sognerebbe di scambiare i destini.
Il sindaco spera: «Salvuccio» deve restare il meno possibile, lui e il suo atavico influsso di capobastone. Si dice che presto o tardi l'indesiderato dovrà forzatamente cambiare casa, città, regione, provando finalmente a cambiare percorso, fosse proprio lavorando nella Onlus, accanto alle vittime della droga, così alacremente diffusa dalla mafia.


Comunque lo si legga, sembra l'epilogo di una storia già troppo lunga e risaputa. Ma in realtà è l'inizio di una storia nuova. La prima pagina l'ha scritta Coleone con il suo sindaco, gridando l'assordante no a Riina. Chi l'avrebbe mai detto, nella vecchia storia.

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