Dalla lotta al riscaldamento globale, alla lotta partigiana il passo breve. La grande manifestazione organizzata dagli studenti di Fridays for Future per spronare i leader mondiali a mettere in campo politiche a difesa del pianeta e della sostenibilità ambientale, sembra piuttosto un raduno di nostalgici della falce e martello. Piazzale Ostiense, luogo di partenza del corteo, è letteralmente invaso dalle bandiere rosse. L’impatto visivo è immediato, anche e soprattutto per gli attivisti di Fridays.
"Non ci sentiamo rappresentati da quei simboli, però viviamo in una fase storica in cui c’è bisogno dell’aiuto di tutti", commenta un giovane gretino. È visibilmente imbarazzato. Sulle guance ha due segni di vernice verde e indossa una camicia bianca che non fa pendant con le magliette del "Che". I seguaci della Thumberg sono i netta minoranza. A loro è affidata l’apertura del corteo. Saltano dietro ad uno striscione azzurro che non ha alcuna connotazione politica. Sopra si legge: "Voi il G20 noi il futuro". Chiedono giustizia climatica in coro e con grande educazione. Percorrendo a ritroso il serpentone umano, però, cambiano rivendicazioni e parole d’ordine. "Draghi, attento, ancora fischia il vento", scandisce una militante di Potere al Popolo dal megafono. "Senza la lotta di classe, l’ambientalismo non serve a nulla. È soltanto fuffa. È solo vetrina", ci spiega un manifestante sulla sessantina. "La lotta di classe non è mai finita – continua – solo che per un lungo periodo l’hanno fatta i padroni più che i lavoratori, adesso è ora che la riprendono a fare i lavoratori".
"Siamo qui per proporre un nuovo sistema economico sociale, solo dando il potere ai lavoratori si può risolvere la questione ambientale", teorizza un militante del Partito comunista dei lavoratori. L’obiettivo è sostituire "la dittatura del profitto con quella dei lavoratori", costi quel che costi. "La lotta di classe – chiarisce il nostro interlocutore – difficilmente può essere pacifica". Quindi è lecito anche scontrarsi con le forze dell’ordine? "Beh, se la polizia ci dovesse attaccare noi ci difenderemo. Questo è sicuro". Continuando il nostro percorso a ritroso lungo il corteo, vediamo un cameraman sbucare da un capannello di persone. È accompagnato dal solito motivetto: "Giornalista terrorista". "Mi hanno strattonato per un braccio", racconta. Più in là ci sono anche le bandiere No Tav. Quella degli oppositori all’alta velocità è una forma di lotta radicale, che ha spesso assunto i toni allarmanti dell’eversione. Qui però nessuno è pronto a sconfessarla.
"Noi la lotta No Tav non la condanniamo assolutamente, per noi non è solo lecita, ma è anche giusta. È la giusta risposta alla violenza dello Stato e del capitale", afferma con sicurezza un ventenne. Fa parte del collettivo studentesco Cambiare rotta. I continui assalti ai cantieri e le violenze No Tav contro le forze dell’ordine vengono rivendicate a chiare lettere. "Siam tutti black bloc. Lo sbirro nel cantiere dovrà tremare se arrivano i No Tav". È il motivetto scandito con spavalderia. E ancora: "Celerino è, il mestiere più infame che c’è, quando indossa la divisa è un leone, ma nella vita sai che uomo è: di mer**", seguito da un corale dito medio all’indirizzo del cordone di agenti che presidiano la mobilitazione, arrivata adesso in piazza Bocca della Verità.
"Ragazzi fatela finita! Basta! Smettetela!", dice uno dei ragazzi di Fridays, nel tentativo di silenziare i cori. Nessuno gli dà retta. E lui si sfoga: "Il problema è che poi la gente pensa che siamo fatti tutti della stessa pasta. Friday for Future – continua – non ce l’ha con la polizia. Noi detestiamo questa retorica e la condanniamo con fermezza".
Jacopo, questo il nome del nostro interlocutore, è amareggiato "Doveva essere una manifestazione per l’ambiente, invece si è trasformato nel carosello dei centri sociali". La conclusione è lapidaria: "Sono estremisti che sfruttano la faccia pulita di Fridays per avere visibilità e portare avanti idee vecchie, sconfitte dalla Storia".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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