ROMANZI ROSA Sospiri affannosi

Le eroine del genere non sono più povere ma belle che «decollano» con l’aviatore di turno, bensì donne con mille problemi e anche un po’ in là con gli anni...

ROMANZI ROSA Sospiri affannosi

Dopo la laurea si è subito sposata ed è stata per vent’anni una moglie perfetta e una madre esemplare. Nonostante ciò il marito le annuncia di punto in bianco che si è innamorato di un’altra, molto più giovane, e che se ne andrà. Dall’oggi al domani Paris rimane sola, così come rimangono sole, dopo anni di vita apparentemente felice e di piena dedizione al marito, Jazze, piantata in asso da David, ed Elinor abbandonata da Ted.
Ma chi sono queste donne non più giovanissime che si ritrovano single? Queste ex mogli, ancora belle e desiderabili, che con le loro rinunce hanno spianato la strada ai mariti e per tutto ringraziamento sono state tradite e lasciate? Sono le protagoniste di Appuntamento al buio (Danielle Steel), di Buonanotte baby (Jennifer Weiner), di Felicità senza zucchero (Lolly Winston), i nuovi romanzi rosa che affrontano situazioni sempre più attuali, vicissitudini di abbandonate che decidono di riciclarsi puntando sulle proprie capacità. All’orizzonte si profilano corteggiatori, ma rese astute dalla disastrosa esperienza matrimoniale, e soddisfatte del loro lavoro, ne saranno gratificate ma niente di più. Il sesso non è più tabù. Il romanzo rosa si aggiorna.
Dedicato a un pubblico femminile che s’identifica con l’eroina, il rosa di una volta si rivolgeva a ragazze povere e senza mestiere che alla fine erano prescelte da un uomo ricco e bello, il più delle volte anche nobile. Erano le ragazze alle quali si rivolgeva Delly (nom de plume dei fratelli Jeanne Marie e Frédéric Petitjan de la Rosière), e che Liala ha fatto sognare fino a poche decine di anni fa.
Il talento di Liala, marchesa Amalia Liana Cambiasi Negretti Odescalchi (1897-1995) fu scoperto e incoraggiato da quel gigante dell’editoria che è stato Arnoldo Mondadori e infatti il suo primo romanzo, Signorsì, ebbe la tiratura di un milione di copie (cifra vertiginosa per quei tempi, il 1931) e andò esaurito in venti giorni. Ebbe anche l’ammirazione e i complimenti di D’Annunzio che per l’autrice coniò appunto lo pseudonimo Liala. Protagonisti maschili quasi sempre aviatori (oppure chirurghi di gran fama, banchieri, nobili, ma sempre ricchissimi) e protagoniste femminili povere e belle, quasi sempre orfane e sfortunate ma di esemplare virtù. Dapprima attratto da qualche bellezza ricca ma facile, l’eroe del romanzo alla fine s’innamora della povera e pura e la porta all’altare.
Benché considerati letteratura di seconda categoria, i romanzi rosa hanno procurato alti riconoscimenti ad alcune delle loro autrici, un attestato di Umberto II a Liala e a Barbara Cartland, l’autrice inglese che ha firmato 700 romanzi, la nomina da parte della regina Elisabetta II a Dama dell’Ordine dell’Impero Britannico. Riconoscimenti a parte, la collana mondadoriana degli «Harmony» pubblica 650 titoli l’anno e ha un giro d’affari di 20 milioni soltanto in Italia.
Molto diverse, con il passare del tempo, sono le protagoniste dei romanzi di Sveva Casati Modignani (pseudonimo della coppia Bice Cairati e Nullo Cantaroni, scomparso qualche anno fa). Qui troviamo matriarche a capo di dinastie, donne ricchissime che hanno pagato una passione giovanile a caro prezzo e hanno saputo salire da sole i gradini della scala sociale. Decise a realizzare se stesse, non più regine di cuori ma regine di imperi finanziari, le eroine di Sveva Casati Modignani corrispondono perfettamente all’ideale di donna emancipata capace di gestire industrie e capitali. In questo caso, però, non è tanto la possibilità d’identificazione a catturare le lettrici, quanto la curiosità di conoscere mondi dorati, descritti alla perfezione, dove anche i ricchi piangono. Un premio Selezione Bancarella è stato assegnato a Disperatamente Giulia, romanzo che affronta una malattia purtroppo attuale (un tumore al seno, però guarito) e dal quale è stato tratto un film per la televisione.
Ma adesso, ricche o povere che siano, dove sono le giovani disposte a sposarsi a diciotto anni e a dedicare la vita a un marito? A parte che quasi tutte studiano, decise a rendersi indipendenti con una professione o con il lavoro, altre, meno colte e più belle aspirano a diventare veline, a intrufolarsi in qualche Grande Fratello, a ottenere l’autonomia grazie alla loro avvenenza. Le possibilità di lavoro, le soddisfazioni ottenute con la carriera, la libertà sessuale hanno fatto spostare in avanti l’età dei matrimoni e quindi i «rosa», attentissimi al mutare dei costumi, si rivolgono alle quarantacinque-cinquantenni.

Le incoraggiano a riciclarsi, indugiano con competenza sui problemi che nascono «dopo»: informare i figli già grandi, sopportare la commiserazione degli amici comuni o, al contrario, la loro scomparsa, fare i conti con minori disponibilità economiche.
Il consiglio? Radunare le forze per cambiare casa e città, e avere la fortuna (che nel lieto fine dei «rosa» non manca mai) di trovare un lavoro gratificante che apra le porte a una vita nuova.

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