Saffo, quei versi che sigillano l’amore del mondo

La lode più bella le venne da Platone, che la definì: «decima musa». Ma la sua fama si era diffusa subito, nell'antichità: Saffo, l'aristocratica sacerdotessa di Lesbo, dedita ai culti iniziatici di Afrodite e delle Muse, fu subito l'emblema della poesia. Uno dei maggiori poeti lirici dell'antichità e di ogni tempo. La sua opera, pur giunta a frammenti, splende della forza solare e trema del brivido notturno con cui nacque la poesia lirica, la risposta dell'uomo al dissidio tra il proprio mondo interiore e l'inafferrabile pienezza della natura e del cosmo. Alla potenza della poesia lirica, da questa sua prima, suprema esponente in poi, si ispira l'introduzione di Giuseppe Conte a un'eccellente edizione delle poesie di Saffo, tradotte e annotate da Rosita Copioli (Saffo. Più oro dell'oro, Medusa, p. 156, 15 euro).
Nata nel 620 a.C. nell'isola di Lesbo, sposata e madre giovane, poi presto vedova e quindi fondatrice di un tiaso a Mitilene dove iniziava le giovani al matrimonio e alla vita adulta, la sua opera ora ci viene proposta su un vassoio d'argento. Rosita Copioli non è solo una delle voci di rilievo della poesia italiana contemporanea, ma anche una poetessa sapienziale, i suoi affondi nell'interregno tra mito, storia, sacro, immaginazione sono perentori quanto originali. Anche in questa felice fatica ne emergono le conseguenze: oltre alla precisione netta, «greca» della traduzione, l'apparato critico svela aspetti complessi e quasi inafferrabili della poesia di Saffo, come la presenza di una divinità percepita naturalmente e insieme per magia nella realtà dell'amore, una sorta di immanenza sacrale dell'eros che sfugge alla nostra sensibilità moderna. L'amore è una manifestazione del divino, e la poesia lo può cogliere e svelare, la poesia lirica quindi, mentre lo percepisce e sigilla, testimonia anche il dolore fisico dell'uomo di fronte a questa realtà devastante. Permane, questa tensione agonica della lirica d'amore, in tutta la sua tradizione: pensiamo all'amore nel grande Guido Cavalcanti, una forza che brucia, fino a incenerire l'innamorato, un'energia divorante che pure è misteriosamente nel cuore della vita stessa.
Tornando a Saffo, uno dei grandi (credo il più grande) lirici di quell'età della Grecia, accanto a Anacreonte, Alceo, Nosside, Alcmane, il campo dell'amore investe ogni vibrazione dell’essere, dall’inno alla dea Afrodite allo strazio per la lontananza dalla persona amata, fino al rovesciamento di valori sociali dominanti e inscalfibili, se non dalla poesia, come quello della potenza militare, della forza e dell'opulenza espresse da eserciti di cavalieri, o di fanti, o da una flotta navale: alla bellezza e all'importanza di queste realtà Saffo contrapppone un valore del tutto differente: «la cosa più bella sulla terra nera» è semplicemente e soltanto «quel che uno ama». A questo sovversivo rovesciamento di valori operato dalla poesia lirica, che pone l'essere amato al centro di ogni bellezza del mondo, fa riferimento la forte prefazione di Giuseppe Conte, che anche in questa occasione ribadisce la potenza eversiva e generante della lirica, il suo denudamento dell'uomo di fronte al cosmo e alla natura. Scriveva Conte in un altro contesto che la rinascita della lirica era da considerarsi una delle conquiste gloriose del Novecento, e d'altro canto i versi di Conte costituiscono una delle realtà più ricche della lirica contemporanea. Così come egli torna spesso sulla fondamentale importanza della lirica, io ribadisco da tempo la necessità di un recupero della poesia epica e drammatica, anch'io in relazione alla mia ricerca d'autore.
Ma sempre, in tali occasioni, sempre e nettissimamente, ho subito specificato che la lirica è intoccabile, è il cuore, direi meglio il combustibile della poesia. Il recupero di due altri generi poetici non può avvenire fuori dallo spazio lirico, e non può svolgersi a prescindere da quanto da quasi tremila anni la lirica ha rivoluzionato e generato.

In tal senso, la bella edizione di Rosita Copioli e l'apertura di Giuseppe Conte ci consegnano, con il gioiello del libro di Saffo, una fervente memoria della nostra origine e un invito a perpetuarla, nello stupore rivelante della poesia.

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