Luigi Cucchi
«La stimolazione cerebrale profonda (DBS -Deep Brain Stimulation) ha sempre più vaste indicazioni terapeutiche. Ottenuta mutuando a livello cerebrale ciò che si era visto con i pacemakers cardiaci risale agli anni '70, quando è stata impiegata per stimolare dei nuclei cerebrali specifici in pazienti con tremori intrattabili, per estenderne poi l'uso ai soggetti parkinsoniani con rigidità, ipocinesia, tremore, blocchi motori, non adeguatamente responsivi ai farmaci», afferma il professor Mauro Porta.
Lombardo di nascita, specialista in neurologia e neurochirurgia, si è formato a Milano, negli Stati Uniti e per molti anni a Parigi, prima di tornare in Italia e collaborare all'Istituto IRCCS Galeazzi di Milano, col mondo scientifico internazionale. É tra i maggiori esperti di disturbi neuropsichiatrici. Al Galeazzi, con il suo team, collabora con il dottor Domenico Servello, neurochirurgo, nel centro italiano che effettua il maggior numero di impianti DBS. Altri centri sono quelli dell'Istituto Besta a Milano, del CTO a Roma, pochi altri in Italia in particolare per i casi di Parkinson. I pionieri della DBS sono stati i francesi a Grenoble, seguiti a Londra, Colonia, Lovanio, Toronto.
«Vi sono delle indicazioni terapeutiche approvate, cioè consolidate adeguatamente per tremore, distonia, epilessia, disordini ossessivo-compulsivi, che indicano come la DBS rappresenti un'interfaccia tra neurologia e psichiatria. Il numero dei pazienti italiani che potrebbe beneficiare della DBS dovrebbe essere più importante», precisa il professor Porta, precisando che non raggiunge quelli dei pacemakers cardiaci, ma certamente un maggior impiego della DBS può migliorare la qualità della Vita dei pazienti, ottimizzare i costi e riducendo i deficit neurologici e le turbe comportamentali».
A Varsavia, l' 8-10 giugno si terrà un convegno che segue quello di Berlino della Movement Disorders Society, momenti di riscontro delle varie caratteristiche individuali trattate anche con DBS, non solo farmaci. In Polonia si tratterà della gestione terapeutica dei tics, della sindrome di Tourette e dei quadri ossessivo-compulsivo, associati l'uno all'altro, al punto che si inizia a parlare di disturbo ossessivo-compulsivo ticcogeno. I costi sociali di questi pazienti sono elevati, così come il disagio. La sindrome di Tourette interessa almeno 350 mila italiani . Ma molti pensano che siano seicentomila i nostri connazionali alle prese con un disturbo diagnosticato per la prima volta 130 anni fa ma ancora misconosciuto. Tra i sintomi: movimenti stereotipati con il collo e le mani, strizzatine d'occhio, tocchi, poi sibili, colpi di tosse , suoni impercettibili. Una sindrome che esordisce in età infantile: dai 4 agli otto anni, con esacerbazioni tra i 10 ed i 14 anni. La ricerca clinica tende ormai a considerare le manifestazioni ossessive concomitanti come facente parte della Tourette che è di pertinenza neurologica e non psichiatrica. Alcuni tics , come quelli vocali, possono regredire rimanenendo quelli motori, con l'andamento evolutivo.
«Gli avanzamenti delle neuroscienze sono straordinari e le possibilità di effettuare interventi mirati, meno invasivi, reversibili, adattabili alle
circostanze cliniche ed alle necessità - come la DBS - rappresentano comclude il professor Porta - un passo avanti che deve essere conosciuto da coloro che ne possono trarre benefici». Sono grandi i progressi della biomedica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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