Marva Griffin, il Salone Satellite (padiglioni 22 e 24, ingresso libero), lo spazio della fiera dedicato ai giovani, compie vent'anni... cosa è cambiato dal quel 1997?
«Tutto! Allora non c'era niente al di là della Fiera e il fuori Salone non esisteva. Oggi ci sono 11 design district sparsi per la città».
Come facevano i designer a farsi conoscere?
«Mandavano i bozzetti o prototipi alle grandi case, che finivano nel cestino. I produttori lavoravano con i giovani che si erano scelti dalle scuole e che coltivavano in azienda. Chi poteva noleggiava uno spazio in città durante il Salone sperando di essere notato».
Funzionava?
«No. Intanto l'intuizione del marchio Fuori Salone, che compie vent'anni, fu mettere in rete tutti gli spazi. I grandi produttori passavano la giornata in fiera, la sera cenavano con i loro clienti internazionali o tornavano in albergo, nessuno andava in giro per la città».
Come andò?
«Io ero una giornalista all'epoca e consulente per il Salone, tutti i ragazzi che incontravo mi chiedevano: Ci porta dentro la fiera? Ne parlai con Manlio Armellini, allora segretario generale del Cosmit, l'ente che organizzava la Fiera, un giorno mi chiama e mi dice Vedi cosa puoi fare per i giovani. Era il 1997. L'intuizione fu chiamare neo-laureandi e scuole di design di tutto il mondo, ne sono passate 300 in vent'anni, che vennero giudicati da una giuria internazionale. E poi far pagare i giovani per esporre: solo così i ragazzi prendono le cose sul serio».
Quali sono le tendenze di quest'anno?
«Le tendenze si sentono nell'aria».
Al Satellite ci saranno 650 espositori da 40 paesi del mondo. Qual è il più rappresentato?
«Il Giappone, che ha un'altissima tradizione di architettura e design».
Le new entry?
«Molte, per esempio Mauritius».
Il ricordo più bello?
«Sono tantissime le storie di questi giovani, tutte affascinanti. Le lettere, i ringraziamenti, l'enorme soddisfazione nel vedere che i talenti emergenti che abbiamo selezionato per il Satellite hanno sfondato, in 5 hanno vinto il Compasso d'Oro, altri sono stati chiamati dalle più grandi case, altri hanno messo in piedi le proprie aziende. Qualcuno ha anche capito che non era la strada giusta per lui».
Ci fa qualche nome?
«Daniel Rybakken, David Trubridge, Dirk Wynants, Patrick Jouin, Satyendra Pakhalé, Oki Sato».
Se dovesse dare un consiglio a un neolaureato: cosa bisogna fare per sfondare?
«Innanzitutto scegliere una buona scuola, essere curiosi e informati su tutto quello che succede, viaggiare, vedere tutto, dai musei alle mostre alle fiere, le cose belle e brutte. Respirare l'atmosfera del Salone e... avere un pizzico di fortuna!».
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