Scajola: nuovo governo con la maggioranza uscita fuori nel 2008

L'ex ministro Scajola guida la fronda anti voto in seno al Pdl: "Occorre guardare agli interessi nazionali". Poi rilancia la maggioranza che vinse le ultime elezioni: "Serve nuovo esecutivo di centrodestra"

Scajola: nuovo governo con la maggioranza uscita fuori nel 2008

Andare subito a votare, come ha detto Berlusconi, oppure tentare una strada diversa, vedendo se vi sono spazi di manovra per dare vita a un nuovo governo? Claudio Scajola marca le distanze dal premier e, sul sito della sua Fondazione Cristoforo Colombo, ne spiega le ragioni: "Occorre guardare agli interessi nazionali e tenere conto di quanto ci hanno chiesto recentemente categorie produttive e sindacati e di come sta evolvendo la situazione economica con il divario il divario Btp-Bund che sale a 568 punti e i rendimenti che vanno sopra il 7%. Occorre assicurare immediatamente stabilità di governo al Paese". Poi ribadisce il concetto: "Andare alle urne ore sarebbe sbagliato".

"I pilastri del nostro agire politico - prosegue Scajola - sono e restano: il rispetto della volontà popolare, la creazione della sezione italiana del partito popolare europeo, la salvaguardia di ciò che come cattolici chiamiamo bene comune. Lasciamo perdere la storia che l'Italia è un grande Paese. Che è una grande economia e tutto il resto. Diamolo, per favore, per assodato... Pensiamo piuttosto a cosa possiamo fare come classe dirigente e classe politica per l'Italia e gli italiani".

"Sarebbe troppo facile - puntualizza l'ex ministro - per noi che nel 2011 abbiamo sempre precorso gli eventi, giocare a fare i grilli parlanti: il 'noi l'avevamo detto' è stato utilizzato da Claudio Scajola solo per servirlo secco sui denti di coloro che ci additavano di tradimento e invece, chiudendo gli occhi di fronte alla realtà, altro non hanno fatto che scavare la tomba a questo governo".

"D'altra parte - conclude Scajola - se si sceglie di chiudere anziché aprire, di non ricorrere agli ampi strumenti concessi dalla politica per sciogliere i nodi, ovvero ciò che il Capo dello Stato ha fatto dal giorno della sua elezione fino ad oggi, non ci si può stupire che le cose vadano degenerando. Ora però non si può continuare a giocare. Non siamo a Risiko. Non ci sono truppe da schierare al fronte, non c'è da invadere la Kamcatka".

Nel pomeriggio, alla presentazione di un libro, Scajola prova a rilanciare lo spirito che portò all'ultima vittoria il centrodestra: "E' necessario fare un governo nell’ambito del centrodestra anche recuperando quanto si è rotto" per una "assoluta consonanza con il voto del 2008". Per l'ex ministro "c’è spazio per una soluzione che risponda in tempi brevi ai cittadini e ai mercati" e i protagonisti sono "il vincitore del 2008 e il capo dello Stato".

Intanto i sei firmatari della lettera dell’hotel Hassler (Fabio Gava, Giustina Destro, Roberto Antonione, Isabella Bertolini, Giorgio Stracquadanio e Giancarlo Pittelli) stanno preparando un altro documento su cui intendono raccogliere le firme degli altri parlamentari. "Per salvare il Paese occorre dire subito no alle elezioni anticipate", spiega Giustina Destro. "Il maxiemendamento non solo lo dobbiamo approvare, ma anche mettere in atto e per farlo occorre un esecutivo di larghe intese".

Pare che tra gli "scontenti" del Pdl ci sia anche l'idea di formare un gruppo. "L’orientamento è quello di farlo", ha detto Roberto Antonione. "La decisione - ha aggiunto - sarà presa entro domani e porterà alla nascita di una formazione all’interno del gruppo Misto".

Oltre all'area scajoliana anche i parlamentari vicini a Formigoni non escludono una soluzione "alternativa" alle urne. Maurizio Lupi, vice presidente della Camera, lo ha detto chiaro e tondo: "Le strade sono due, il voto anticipato o un governo di emergenza nazionale ampiamente condiviso che non può però essere composto da transfughi o singoli ma dai partiti".

Ma anche gli onorevoli capitanati da Urso e gli ex Responsabili propendono per la ricerca di un nuovo esecutivo; secondo alcune fonti parlamentari il gruppo dei "no al voto" potrebbe contare su una cinquantina di deputati. Ma mai come in questi casi non vi sono certezze sui numeri.

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