Prima di dirvi della notizia che sto per commentare, una premessa: ogni giorno esce fuori uno studio di una tal università di cui parlare, e che i media in genere prendono per buono, ma la comunità scientifica no. Per essere credibile un singolo studio deve essere verificato infatti indipendentemente da tutti gli scienziati del settore. Ci sono poi studi che non sono veri e propri studi ma ipotesi, che fanno comunque parlare di sé. Anche perché i ricercatori credono che dopo un po’ si rompano nel non aver scoperto niente.
Arrivo alla notizia odierna. Un planetologo, Robin Wordsworth, e un astrobiologo, Charles Cockwell, il primo dell’Università di Harvad e il secondo di dell’Università di Edimburgo, hanno pubblicato uno studio sostenendo che la vita non ha bisogno di pianeti. Può generarsi, così, nello spazio. Hanno preso come esempio organismi come i cianobatteri o le alghe artiche (che si sono appunto formati miliardi di anni fa, ma sulla Terra). Immaginando che nello spazio delle «barriere generate biologicamente» possano far entrare la luce necessaria per la fotosintesi, bloccare la luce ultravioletta e mantenere valori di temperatura e pressione adeguati perché l’acqua resti allo stato liquido nel gelo cosmico.
Che stupidi tutti gli altri scienziati e astrobiologi che stanno cercando forme di vita sugli esopianeti (pianeti vicini a altre stelle), o meglio stanno cercando pianeti in cui sia possibile la vita. Che abbiano le condizioni per cui si possa formare la vita, ossigeno (un’atmosfera), acqua allo stato liquido, e un campo magnetico che la protegga dalle radiazioni solari e cosmiche. Potrebbero esserci pianeti anche con condizioni più invivibili in cui qualche forma di vita può essersi formata.
Per carità, si può ipotizzare tutto. Ma l’acqua, che sarebbe mantenuta allo stato liquido da questi organismi, dove la prenderebbero? E per le radiazioni, come farebbero a proteggersi senza che venga scomposto il loro DNA? Inventerebbero delle tute biologiche, dei piccoli Iron Man alla deriva nello spazio? Certo, da noi abbiamo i tardigradi, microscopici invertebrati capaci di resistere a quasi tutto, assenza di ossigeno, radiazioni nucleari, ma con un piccolo particolare: si sono sviluppati sulla Terra, nel lungo e complesso percorso biologico dell’evoluzione. Tant’è che nel sistema solare non abbiamo trovato ancora nessuna forma di vita. Potremmo forse trovarla su Europa, satellite di Giove, poiché la sonda Galileo, nel 1997, rivelò un gettò d’acqua da un geyser superficiale, dimostrando l’esistenza di un oceano al di sotto della crosta.
Ecco, lì, potendoci arrivare, forse potrebbe esserci vita (non qualcosa di simile a una balena, più al nostro simpatico succitato tardigrado).In ogni caso di una cosa sono sicuro. La notizia del giorno è questa. Ma quella non di domani non sarà che alla NASA hanno esclamato: «Caspita! Abbiamo sbagliato tutto! Dobbiamo cercare alghe spaziali!».
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