Newt Gingrich si prende la South Carolina. Poi vuole la Florida, poi? La nomination repubblicana, ovvio. Ci vorrà tempo, molto tempo probabilmente. La partita delle primarie che si complica significa anche una durata maggiore: dopo il voto del 31 gennaio nel Sunshine State, l’appuntamento più importante diventerà il supermartedì, ovvero il 6 marzo, quando andranno al voto molti Stati (tra cui il popoloso e strategico Texas, territorio di Gingrich). Più di un mese di campagna aperta che presumibilmente finirà con una manciata di Stati e quindi delegati vinti dall’uno e un’altra manciata vinta d’altro. Esattamente come avvenne quattro anni fa tra i democratici, quando Obama e Clinton arrivarono fino in fondo appaiati, quest’anno toccherà quindi ai repubblicani scannarsi fino alla convention di Tampa. A meno di colpi di scena e di improbabili (allo stato) ritiri, ovviamente. Se così sarà e così dicono che sarà molti analisti repubblicani, allora la partita sarà anche molto molto ricca. A giocare saranno i candidati e i loro finanziatori, cioè quei Super Pac (Political Action Committee) che sono i mezzi di raccolta fondi: due anni fa la Corte Suprema sentenziò che non si potevano imporre i limiti al finanziamento che per due decenni erano stati imposti. Da allora (anche se accadeva pure prima), i Pac sono diventati delle potentissime macchine da soldi.
Nella campagna per le primarie repubblicane, il più forte è Restore our future e sostiene Romney: ha raccolto e speso 11,4 milioni di dollari. Il secondo è Winning the Future (4,5 milioni) e appoggia Newt Gingrich. È l’altra conferma: la corsa sarà lunga.Twitter: @giudebellis
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