MA LA SCUOLA DEVE CAMBIARE (E IN FRETTA)

Contrordine compagni (di scuola). La riforma delle superiori quest'anno non si farà: è stata rinviata al 2010. E per quanto riguarda le elementari, il maestro unico è un po’ meno unico e po’ più facoltativo. Svolta di classe: linea dura? Decisionismo? Macché: via alle trattative, si smussano gli angoli. Si prende tempo. I sindacati esultano: si dimostra che scioperare serve. La sinistra è in festa: avevamo ragione noi. Il ministro Gelmini ribadisce: nessuna marcia indietro. Noi, a dirla tutta, siamo un po’ disorientati. E da ieri ci chiediamo un po’ affranti: almeno il grembiulino rimane?
Abbiamo sempre difeso le decisioni della Gelmini. Abbiamo spiegato punto per punto tutte le menzogne raccontate attorno al suo giusto decreto. L’introduzione dei tre maestri, avvenuta a metà degli anni Novanta per ragioni puramente occupazionali e non pedagogiche, è stata la rovina della scuola. E perciò il ritorno al maestro unico è un bene. Così come è un bene il ritorno al voto di condotta. Siamo per altro convinti che questo debba essere solo il primo passo di un intervento ancora più incisivo.
L’abbiamo scritto in mille modi, in questi mesi: la scuola cade a pezzi, le statistiche internazionali ci bocciano, la preparazione dei nostri quindicenni siciliani è quattro volte inferiore a quella dei coetanei dell'Azerbaigian. Non ne possiamo più di studenti convinti che il Monviso sia sulle Alpi Cozze (di fianco alle Alpi Vongole?), che in Australia ci sia la corriera corallina (un nuovo mezzo di trasporto pubblico? L'Atm dei pesci siluro?) e che Philadelphia sia la capitale del formaggio Kraft.
Perciò la scuola deve cambiare. Deve riscoprire responsabilità, meritocrazia, deve cancellare quarant'anni di malcostume, deve superare il Sessantotto infinito, le promozioni facili, il lassismo di troppi insegnanti. Deve mettersi al passo con l’Europa, anche per quanto riguarda il numero dei professori e la dimensione delle classi. Ci rendiamo conto che è meglio farlo senza scontri di piazza, evitando il muro contro muro, in un clima più disteso e sereno. Ma bisogna farlo. Senza se e senza ma. Anche a costo di pestare i piedi a qualcuno di quelli che oggi spudoratamente applaudono.
Perciò se le decisioni di ieri sono parte di un accordo che va verso una riforma storica, come dice il ministero (e radicale, aggiungiamo noi), siamo pronti a esultare. Ma attenzione a non precipitare di nuovo dentro i bizantinismi melmosi di chi fa di tutto per evitare il cambiamento, attenzione a non trasformare quegli accordi in un compromesso al ribasso o, peggio, in un ritorno all'indecisionismo attendista.

Troppe volte abbiamo visto, dentro le nostre aule, annunciare riforme che non sono mai avvenute, troppe volte abbiamo visto provvedimenti nati morti, riordini senza ordini, norme varate e subito congelate, cambiamenti smantellati ancor prima di essere attuati. È così che si è arrivati allo sfascio della scuola. Per uscirne bisogna essere sicuri di prendere un’altra via.

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