Se a Gad non piacciono le belle donne

Lerner apre la stagione dell’Infedele con il tema del "modello berlusconiano della tv". Cioè l’Italia delle Veline. L'uomo ama conquistare, niente di male. Noi seduttrici per diritto e dovere

Se a Gad non piacciono le belle donne

Ha preso il via la nuova stagione de L’infedele (lunedì su La 7, ore 21,10) e Gad Lerner ha scelto per argomento il corpo delle donne e il suo massiccio uso televisivo addebitato in toto, come era facile prevedere, al «modello berlusconiano». La conduzione della puntata era contrappuntata dai continui sorrisini del conduttore e da ripetuti sberleffi sarcastici ogni qual volta qualcuno degli ospiti esprimeva un’opinione in contrasto con i suoi ferrei convincimenti. Alla fine si è dato da solo il voto: «È stata una trasmissione vivace». Avrebbe potuto esserla di più se Lerner avesse voluto uscire dal seminato della tesi precostituita non certo per cambiare la sua lecita opinione in materia, ma per arricchire la puntata di domande, riflessioni e provocazioni tali da renderla meno prevedibile e convenzionale.

Non richiesto, come al solito, provo a suggerirgli un veloce prontuario per una delle prossime puntate sullo stesso tema. 1) Ricordarsi di chiedere alle veline, soubrette e aspiranti artiste che mostrano il loro corpo in tivù se lo fanno sotto tortura, minacciate, vessate o obbligate. In seconda battuta, se hanno davvero voglia di essere difese dall’esterno da chi presume di doverle sempre trattare da ingenue sottomesse anziché come persone in grado di intendere, volere e decidere cosa fare della loro vita, dando per scontato che sarà poi la vita stessa a stabilire se hanno fatto bene o male. 2) Far confezionare con solerzia da qualche collaboratore un esaustivo servizio che chiarisca se la predisposizione di molte donne ad accompagnarsi al potere e alla ricchezza maschile, cercando scorciatoie legate alla propria capacità seduttiva, sia da far risalire come ogni aspetto di questo paese alla discesa in campo di Berlusconi o possa essere coraggiosamente retrodatata almeno di qualche anno. Nel dubbio, chiedere agli antichi greci. 3) Invitare in studio, preceduta dalla didascalia «Per non dimenticare», Lilli Gruber.

Dopodiché domandarle, senza tanti preamboli, che differenza sostanziale ci sia tra una velina che mostra parti del proprio corpo sopra una scrivania e una conduttrice di tiggì di nobile etnia sinistrese che per dare delle notizie sentiva il dovere di mostrare, dietro una scrivania, un labbrone rifatto a mo’ di tangenziale sopraelevata e una postura ammiccante modello: mi si nota di più se mi faccio inquadrare di sbieco da questa parte o da quest’altra? In caso di risposte reticenti, o aggressive, domandarle se fu una scelta estetica succube del modello berlusconiano o un libero capriccio del proprio Ego femminile. 4) Come atto di estrema umiltà, particolarmente apprezzato dai telespettatori, informarsi presso chi ha avuto qualche esperienza erotica in più di lui se è proprio vero che le donne non amino sentirsi, all’occorrenza, delle «prede». E se il piacere di essere prese e conquistate sia davvero cosa così sconveniente e slegata dal loro immaginario erotico.

5) Fare una classifica dei veri soprusi subiti dalle donne nella vita quotidiana, e una volta accertato che dopo infiniti e sterili bla bla si sia dovuto attendere un governo di destra per varare la legge sullo stalking, ricordarlo al proprio pubblico non senza un ultimo ghigno sarcastico, questa volta rivolto a se stesso.

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