Sgozzate con un rasoio nella stanza d’albergo

Folle di gelosia, ha prima sgozzato la convivente e un’amica con un rasoio da barbiere, poi s’è lavato le mani, ha pulito le scarpe insanguinate, s’è disfatto dell’arma, quindi, come se niente fosse è andato in polizia a firmare come tutti i pomeriggi.
Solo dopo mezzanotte Marian Negoita, 31 anni, romeno, da cinque in Italia e con una sfilza di precedenti alle spalle, preso dal rimorso, ha chiamato il 112: «Mandate un’ambulanza all’hotel dei Mille, vicino alla stazione Termini - ha detto -. La mia fidanzata ha tentato d’ammazzarsi». Alina Bulai Clara, 20 anni appena, in realtà, è già morta. Il suo cadavere è adagiato sul letto della camera matrimoniale che la ragazza da agosto divideva con il connazionale: a stroncarla un taglio netto alla gola, sferrato con freddezza e precisione. Per gli inquirenti non c’è dubbio: bisogna rintracciare l’uomo che ha telefonato, quasi sicuramente lo stesso romeno che gli albergatori indicano come l’altro inquilino. Tanto più che quell’utenza di cellulare è intestata proprio alla madre della vittima. Ma non basta. In una camera accanto la seconda macabra scoperta degli uomini della Omicidi di via In Selci. Sul pavimento del bagno c’è il corpo senza vita di Ionica Urda, 21 anni, anche lei romena e amica di Alina.
Entrambe facevano la vita sulla Salaria e lungo la via Laurentina. Sul suo collo lo stesso profondo solco alla carotide, stessa mano assassina. Ai carabinieri, dopo le quattro arriva una seconda telefonata: è di nuovo, lui. Ancora più agitato. Vuole sapere le condizioni di Alina. «Sono tornato in albergo prima di chiamare - spiega - e lei era ancora viva». I carabinieri, finalmente, stanano la «cellula» a cui è agganciato il telefonino in possesso a Marian. Lo bloccano al Colle Oppio. È confuso, piange. Nelle due ore di interrogatorio davanti al pubblico ministero Palaia, al colonnello Nazzaro e ai maggiori Bellini e Di Nisio confesserà il duplice omicidio, indicherà dove trovare il rasoio, gettato oltre un casolare all’interno del parco. Il movente? «Alina mi stava per lasciare - dirà agli investigatori -, aveva già pronte le valigie. S’era innamorata di un italiano e Ionica sapeva tutto e la copriva». Così intorno alle sei del pomeriggio di sabato Marian impugna la lama a mezzaluna appena comprata da un bengalese, sale su, entra nella stanza di Ionica che è sotto la doccia. Alza il volume della Tv perché Alina non senta. Poi comincia a inveire contro la poveretta: «Lei ha un altro, dimmelo, lo so». Poi il colpo secco alla gola.
Il romeno torna nella sua camera, Alina nega, ma lui è fuori di sé e imbottito di cocaina - come ammetterà - la colpisce a morte. A ottobre Marian, borseggiatore sulle metropolitane, s’era scagliato contro gli agenti che avevano cercato di fermarlo all’Eur mentre in strada picchiava Alina.

Uscito dal carcere, era stato sottoposto all’obbligo di firma. Non è chiaro se sfruttasse le due ragazze, se vi potessero essere anche attriti per denaro. Dovrà comunque rispondere di omicidio plurimo aggravato con possibili elementi di premeditazione.

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