Signor Direttore,
non credo che i nostri ragazzi debbano essere mischiati alle polemiche di cui sono oggetto i loro genitori. Considero dunque spregevole che il suo giornale abbia attirato l'attenzione su bambine o ragazzini che hanno diritto di seguire il corso della loro vita formativa secondo le necessità e le opportunità che le loro famiglie e i loro educatori reputino migliori rispetto ai singolari percorsi delle loro esistenze. Ma gli articoli del «Giornale» pubblicati ieri («Vanno in piazza per la scuola pubblica, ma mandano i figli in quella privata») richiedono un'informazione aggiuntiva da parte mia. Per tutta la mia vita, io stesso e tutti i miei familiari abbiamo frequentato sia scuole ed università pubbliche, sia non statali, cattoliche o laiche. Di volta in volta, è stata una scelta condivisa di genitori e figli. Ho difeso la scuola paritaria - anche quando i miei figli frequentavano esclusivamente scuole pubbliche - da Sindaco, e da esponente del Governo. Difendo il valore pubblico di tutto il sistema formativo, come ha stabilito una legge varata da un governo di centrosinistra. Non dipingo certo come «scuole per ricchi» - e, magari, «di destra» - le scuole paritarie. Sarebbe un insulto alla lunga storia del pluralismo educativo del nostro Paese. Ma so che i moltissimi che non hanno la possibilità di accedervi - soprattutto per motivi economici, ma anche logistici o altro ancora - hanno diritto ad avere una buona formazione scolastica.
Credo dunque che tutti, nella comunità nazionale (e persino voi, che difendete in modo acritico le recenti scelte dell'attuale Governo), dobbiamo accogliere con grande rispetto, anche quando ci sono grida o posizioni non condivise, l'impegno di chi si batte per migliorare la scuola italiana. È un tema che vale. Si discuta sulle strade migliori da percorrere. Ma mostrando disprezzo verso chi protesta commettete un errore molto grave.
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