Il sindaco di frontiera si becca pure l’accusa di razzista

Ras Ajdir (frontiera Tunisia-Libia)L’onda preme, urla, sbraita. Un groviglio di 25mila corpi e bagagli, un subbuglio di fame e rabbia, uno tsunami di disperazione addossato ad una cancellata sempre più gonfia, sempre più deforme, sempre più simile - nel ricordo - alle tribune dello stadio Heysel. Non c’è ancora il sangue, non c’è ancora la strage, ma poco ci manca.
La marea deborda, tracima. Un soldato tunisino alza il fucile, un altro scarica il caricatore al cielo, mille mani cercano di calmare la folla impazzita lanciando acqua e pane. Ma è come fermare un’inondazione con uno straccio da cucina. Roba da far venire i capelli dritti a Bernardino De Rubeis, al sindaco di Lampedusa accusato di istigazione all’odio razziale e abuso di potere per quell’ordinanza che impedisce agli immigrati d’invadere il centro della sua isola. Lui dice di aver solo rispolverato una vecchia direttiva che vieta di scolare vino e far pipì nel centro della città, ma i magistrati non si lascian sfuggire l’occasione d’inquisirlo. Certo assieme a lui finiscono indagati per immigrazione clandestina anche 600 tunisini protagonisti degli ultimi sbarchi. Le preoccupazioni di sindaco e magistrati sembrano però poca cosa rispetto al ciclone migratorio che minaccia Lampedusa. Qui a Ras Ajdir, prima linea della nuova guerra dell’immigrazione lanciata dal Colonnello Gheddafi c’è da tremare. In meno di una settimana questo valico ha sputato 70mila derelitti. E mentre le autorità tunisine cercano di capire dove metterli, mentre l’Alto Commissariato dell’Onu dichiara l’emergenza dopo sette giorni di latitanza, mentre l’Egitto tarda a riprendersi i 50mila cittadini approdati in Tunisia, la marea continua a gonfiarsi.
Solo ieri i doganieri del valico di Ras Ajdir contano 14 mila disperati in meno di dieci ore. Ma quel numero non rende da solo l’immagine del devastante tappeto di corpi, valigie, coperte, fame, caos ed escrementi accampato su questo lato della frontiera. Non racconta la sconsolata impotenza delle autorità tunisine abbandonate dalla comunità internazionale. Non riesce a descrivere l’espandersi d’una fiumana pronta a divorare come un’ inarrestabile chiazza d’umanità oleosa case, alberghi e piazze in un raggio di 60-100 chilometri dal confine. Altri numeri fanno ancora più paura. Quando ieri Tunisi decide di abbassar la sbarra di Ras Ajdir dalla parte libica della frontiera restano in attesa 25mila persone. La gran parte di quei disgraziati è in attesa da giorni, senza più cibo e senza alcun medicinale. Ed è soltanto solo la punta dell’iceberg. Da qui a Tripoli s’allungano in queste ore altre moltitudini di disperati pronte ad ingrossare il grumo di frontiera. E non sono che l’avanguardia dei 2 milioni di egiziani registrati in Libia.
Con quell’arma di emigrazione di massa il Colonnello può paralizzare la Tunisia, sommergere Lampedusa, invadere le nostre coste. Ma l’Onu, pur dichiarando l’emergenza, inizia solo ora a piantar tende.

E l’Unione Europea non prevede di muover un dito prima del summit straordinario del prossimo 11 marzo. Di questo passo insomma il raìs agonizzante farà in tempo a vendicarsi. Farà in tempo ad invaderci prima di esalare l’ultimo respiro.

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