Morto Franco Rotelli: fu uno dei rivoluzionari della Riforma Psichiatrica

È morto Franco Rotelli, uno dei protagonisti della rivoluzione psichiatrica in Italia e considerato il braccio destro di Basaglia durante la battaglia per la chiusura dei manicomi

Morto Franco Rotelli: fu uno dei rivoluzionari della Riforma Psichiatrica

A Trieste, uno dei luoghi principali in cui lo psichiatra ha condotto parte del suo lavoro, è morto Franco Rotelli all’età di 81 anni. Insieme al suo collega veneziano, Franco Basaglia, è stato fautore della deistituzionalizzazione in Italia, favorendo così la definitiva chiusura dei manicomi. Cosa più importante, però, è stata la rivoluzione psichiatrica nell’approccio alla malattia mentale.

Originario di Casalmaggiore, in provincia di Cremona, aveva intrapreso gli studi di medicina. Dopo la specializzazione in psichiatria, aveva iniziato a lavorare nel manicomio giudiziario di Castiglione delle Stiviere nel 1969. L’anno successivo, quando Basaglia si recava a Parma per dirigere l’ospedale psichiatrico di Colorno, Rotelli era andato a lavorare con lui con l’intento di riformare la psichiatria in Italia. Due anni più tardi, nel 1972, entrambi si trasferirono a Trieste, laddove lo stesso Basaglia gli aveva affidato la responsabilità di un’importante parte dell’Ospedale Psichiatrico.

Aveva solo trent’anni quando vinse il concorso di primario, nel 1973, ed è stato dal 1979 al 1995 il direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste, occupando il posto di Basaglia, contribuendo alla rivoluzionaria trasformazione attraverso la creazione di Centri di Salute Mentale extra-ospedalieri.

Insieme a Basaglia, Rotelli è stato il massimo fautore della deistituzionalizzazione, un passaggio fondamentale per il superamento di quell’approccio semplicistico al disagio mentale che per anni si era basato sulla violenza e sull’esclusione sociale e che aveva visto come suo luogo prediletto l’istituzione totale per eccellenza: il manicomio.

In un secondo momento, nel 1998, divenne Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria della città, per poi spostarsi per un breve periodo a Caserta per ricoprire l’incarico di Direttore dell’Azienda sanitaria. Dal 2013 al 2018, invece, è stato presidente della Commissione sanità e politiche sociali del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ed è stato anche consigliere regionale con il Partito Democratico.

Rotelli considerava i manicomi “atti criminali” e a Trieste, che egli stesso ha definito “una città che cura”, ha lavorato per ricostruire una società che, a partire dall’esterno di quelle strutture detentive, potesse accettare e sostenere la diversità. Ma per capire il suo operato è necessario fare dei chiarimenti e alludere anche all’ideologia alle spalle di una rivoluzione che ha visto l’Italia in prima linea.

Cosa vuol dire “deistituzionalizzazione”

Per deistituzionalizzazione si intende quella pratica che ha avuto lo scopo di rivendicare la soggettività dinanzi alle modalità oggettivanti perpetuate nelle istituzioni totali. Queste ultime, definite dal sociologo Erving Goffman, si contraddistinguono per lo svolgimento di attività quotidiane nello stesso luogo e sotto un’unica autorità e dalle “azioni inglobanti”, il cui potere, inglobante anch’esso, muta in base al tipo di istituzione.

Il soggetto che entrava in un manicomio, considerato quindi un malato mentale, un folle, era conseguentemente etichettato come tale. Lo stigma che ne conseguiva accompagnava, e spesso ancora accompagna, chi soffre di problematiche psichiche, conducendo all’esclusione sociale. Queste istituzioni totali, quindi, “sono luoghi in cui si forzano alcune persone a diventare diverse”, scriveva Goffman nel rinomato libro Asylum. Le istituzioni totali: i meccanismi dell’esclusione e della violenza.

Franco Basaglia e sua moglie Franca Ongaro Basaglia, avevano scritto l’introduzione all’edizione italiana di Asylum, sostenendo le tesi del sociologo e riconoscendo che alla base dell’esclusione del malato mentale c’era la mancata accettazione nell’ambiente sociale ancor prima della sua reclusione in manicomio, definendo l’istituzione psichiatrica tradizionale nient’altro che un’istituzione carceraria.

L’istituzione, infatti, era giustificata in nome della punizione, da cui dipendeva la funzionalità dell’istituzione stessa nel sistema sociale e che fungeva da strumento e mezzo di controllo. Come sosteneva Giovanni Berlinguer, Goffman ha portato alla luce la contraddizione più grande delle istituzioni: nonostante fossero il luogo deputato alla presunta cura del malato mentale, allo stesso tempo ne decretavano la distruzione. Erano a tutti gli effetti "fabbriche di malati", che aggravano i comportamenti dei cosiddetti devianti.

La diffusione delle ideologie di Goffman in Italia, coincideva anche con l’arrivo delle idee attribuite alla corrente antipsichiatrica negli anni ’60 e che in parte erano state abbracciate da Franco Basaglia. La parola antipsichiatria, infatti, suscita ancora molte incomprensioni, poiché associata alla negazione della malattia mentale, che invece non era alla base del movimento. Si può riassumere l’emergere di questa corrente di pensiero nella presa di coscienza sulla possibilità che, in parte, le malattie fossero anche sociali, quindi causa dalla violenza dell’uomo sull’uomo che caratterizza in particolar modo la società capitalistica. “Dire che la follia è un prodotto biologico, oppure organico, psicologico o sociale significa seguire la moda di un determinato momento. Io penso che la follia e tutte le malattie siano espressioni delle contraddizioni del nostro corpo, corpo organico e corpo sociale”, queste le parole di Basaglia.

I matti ai Caraibi

Dopo la legge 180 del 1978 e la chiusura definitiva dei manicomi, avvenuta intorno agli anni ’90, le iniziative svolte al fine di integrare gli ex pazienti in una società che li aveva catalogati ingiustamente come diversi e pericolosi, sono state numerose. Ad aiutare in tal senso c’è stato il contributo delle Cooperative Sociali di tipo A e B, regolamentate dalla legge 381 del 1991, fondate con lo scopo di perseguire proprio l’interesse della comunità e l’integrazione sociale dei cittadini principalmente attraverso il lavoro.

Una delle ultime iniziative ideate e sostenute da Franco Rotelli fu quella di un hotel a Santo Domingo dove portare i giovani e non che frequentavano i servizi di salute mentale e le comunità per persone con dipendenze. Esatto, Rotelli aveva portato “i matti ai Caraibi”. L’idea era nata nel 1990 quando lo psichiatra aveva incontrato Jamie Mirabal, che divenne dopo qualche anno il vicepresidente della Repubblica Dominicana. Mirabal, curioso su quanto accadeva a Trieste, si era recato lì dove conobbe Franco Rotelli. Da buon scambio culturale, il futuro vicepresidente aveva invitato lo psichiatra nel suo Paese.

Sulla punta estrema di nordest della Repubblica Domnicana”, scriveva Rotelli a quei tempi, “la baia di Las Galeras ricorda col nome le navi di Colombo qui approdate cinquecento anni fa. All’arco di spiaggia bianco calce vi si giunge da Samanà attraverso le colline di palme. Le balene a marzo vengono aventi alla spiaggia a partorire”. Rotelli voleva fare di quel luogo paradisiaco un posto sicuro per tutte quelle persone in difficoltà.

Il caso volle che il terreno fosse in vendita in quel momento. Una volta tornato in Italia, quindi, Rotelli aveva incontrato don Andrea Gallo che operava nella comunità di San Benedetto al Porto di Genova e Mario Tommasini, assessore protagonista della territorializzazione nella città di Parma. Parlò quindi con loro per costruire “un piccolo albergo (otto stanze), luogo bello creato da cooperative il cui fine p il vantaggio di giovani a rischio. Luogo di buone vacanze, non di consumo ma di uso di natura e scambio di culture, di bellezze e di benessere”.

Il terreno era stato acquistato da Jamie Mirabal e in pochi mesi l’albergo era pronto. Per dieci anni circa arrivavano a Las Galeras giovani da Trieste, Genova e Parma fino al 2007, anno in cui venne venduto per problemi gestionali. L’hotel esiste ancora, si chiama Todo Blanco.

A partire da Rotelli, libertà a Leros

Leros è un’isola greca, ex colonia italiana e attualmente meta turistica dalle bellissime spiagge. Nel 1989 la descrizione sarebbe stata diversa: prima un’isola di pescatori e dopo la dittatura dei colonnelli divenne sede di deportati politici e malati di mente, che, senza famiglia o indesiderati per mancanza di posti in altre strutture, venivano portati su quest’isola. Mussolini aveva lì la base aereo navale per controllare il mediterraneo; perciò, c'erano immensi padiglioni sull'isola. Con il tempo le grandi strutture sono diventate un luogo per detenere persone con disagi psichici e fisici.

Proprio Franco Rotelli aveva inviato lì una fotografa, Antonella Pizzamiglio, per realizzare un reportage in quello che è stato definito come il peggior manicomio mai visto al mondo. Le sue fotografie, che hanno denunciato una realtà tenuta meticolosamente nascosta, hanno permesso l’intervento della Comunità Europea che nel 1990 ha finanziato un progetto grazie al quale sono state cambiate le sorti di migliaia di persone.

Nel 1989 si sarebbe svolto ad Atene il Congresso mondiale di psichiatria e una settimana prima Rotelli, in accordo con uno psichiatra del posto, Iannis Lukas, decise di esporre il problema umanitario dell'isola proprio nella capitale greca. Le fotografia di Antonella Pizzamiglio sono un pugno nello stomaco e esprimono la sofferenza di quelle condizioni al limite della sopravvivenza. Le fotografie sono raccolte ora in un libro dal titolo Leros. Il mio viaggio e hanno fatto la storia della liberazione.

Franco Rotelli è stato uno dei protagonisti di quella che viene ritenuta Riforma Psichiatrica, una vera e propria rivoluzione che ha

portato avanti con convinzione fino alla fine con piccole e grandi azioni, di cui quelli citati sono solo esempi. Se oggi abbiamo una maggiore umanità e più sensibilità verso il disagio e la diversità è anche grazie a lui.

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