Solo progetti vaghi varati da un presidente insicuro

Che Obama sia piaciuto da subito alla nostra più veltronesca sinistra e che quindi i peggiori in Italia l'abbiano reclamato sin dai primordi, già doveva farlo capire: si sarebbe messa male. Come s'è messa, almeno dall'inizio settimana, sempre peggio per il novello presidente che le ha patite tutte, in sequenza.
Nella sua prima conferenza stampa da presidente infatti lunedì si è imbarazzato già alla prima domanda, rivelandosi troppo insicuro. Dopodiché, per causa di una vaghezza ancora più grave, le Borse hanno bocciato il nuovo piano per le banche del suo Segretario al Tesoro, avviato allo stesso incerto esito del piano Paulson. E infine venerdì il presidente della Camera Nancy Pelosi e i democratici ai quali Obama s'era affidato, gli hanno approvato un piano di spese per troppi versi inutile. Poco affilato, e d'incerto rimedio ai guai dell'economia americana. Tanto che il futuro ministro per il Commercio non solo gli ha votato contro, ma si è ricordato di essere un repubblicano, e s'è dimesso dal suo incarico. Così sono cresciuti i dubbi sulla capacità di leadership del presidente. E tutto ciò malgrado la voce della corrispondente del TG3 da Washington, fan scatenata del nuovo presidente, sia di sera in sera intanto quasi evoluta a toni hard, mentre ne parlava.
Obama alla prima conferenza stampa ha anzitutto sbagliato drammatizzando la crisi col suo eloquio confidenziale, ad altro adatto. E infatti quando una giornalista vera gli ha obiettato che drammatizzando i toni rischiava di perdere credibilità, il poveretto è trasalito. Capace solo di una replica confusa, ma reiterata e troppo protratta, quindi insicura. Né poco dopo gli andava meglio con un'altra domanda. Per tirarsene fuori citava infatti il Segretario al Tesoro, dicendo che costui l'indomani avrebbe annunciato «un piano molto chiaro e specifico» per le banche. Si trattava purtroppo di quello stesso piano che al suo annuncio, proprio per la sua vaghezza, invece ha inquietato le Borse. Il piano Geithner è risultato così poco specifico da lasciare nel vago persino i forse 50 miliardi annunciati per scongiurare i pignoramenti.
Né è andata meglio col pacchetto di 787 miliardi per il rilancio dell'economia. È dubitabile che bastino a controbilanciare il crollo imponente dei consumi. Certo sono serviti agli interessi elettorali dei congressmen democratici ai quali l'inesperienza di Obama li ha lasciati gestire. Ma col risultato di scontentare i repubblicani, e però senza ottenere i 17 miliardi di spesa per nuove scuole pur tanto propagandati. Gli obamiani indefessi si sono consolati con i 40 miliardi ottenuti per una politica verde. Ma a spenderli dovrà essere un ministero ch'è tra i meno efficienti, aiutato nei suoi difetti dalla difficoltà di dare vera forma alla retorica ecologista.
Esiti troppo modesti, e anzi preoccupanti, considerato anche che i guai finanziari negli Usa potrebbero non essere intanto finiti. Non è soltanto ormai l'economista profeta Roubini a paventare altri trilioni di guai per il debito delle carte di credito, i titoli speculativi e i mutui non residenziali.

E un presidente che in momenti delicati se ne va dalla capitale per fare comizi predicanti e però poi raccoglie simili risultati in Congresso, coi piani economici, non conforta. Certo commuove in Italia i veltroneschi. Ma aumenta negli Stati Uniti i dubbi di quanti già ne deducono che ai suoi talenti si è chiesto troppo, che manchi della leadership necessaria.

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