"Sono una Artivista e resto cattiva (con gli uomini stupidi)"

L'artista celebra la storica Cramps Records. "Oggi i rapper pensano soltanto ai soldi"

"Sono una Artivista e resto cattiva (con gli uomini stupidi)"

Jo Squillo qual è stato il suo primo brano?

«Sono cattiva del 1980».

È ancora cattiva?

«Sì molto. Con gli uomini stupidi».

I suoi maestri?

«Gianni Sassi della Cramps Records. E Demetrio Stratos, il mio maestro della voce».

Un genio poco ricordato che divenne famoso con gli Area.

«Una volta l'ho sentito cantare una bellissima melodia quasi incomprensibile. Poi ha fatto ascoltare la registrazione del brano partendo dalla fine ed era Ma che bel castello. L'aveva cantata al contrario, un gigante. Lui mi ha fatto conoscere le diplofonie, le triplofonie eccetera».

Jo Squillo è stata la prima punk italiana e nell'anima è punk anche adesso quarantatré anni dopo essersi presentata alle elezioni comunali di Milano come capolista del Partito Rock. Oltre la musica c'è di più e difatti tra programmi tv, impegno sociale con la Onlus Wall of Dolls e battaglie come quella per Chico Forti, non sta ferma un attimo neanche mentre fa questa intervista per ricordare i cinquant'anni della sua prima etichetta, la storica Cramps Records, e il concerto che presenterà al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano il 6 aprile. Dalla Cramps sono passati Skiantos, Eugenio Finardi, Alberto Camerini e pure lei, Giovanna Maria Coletti, milanese così ribelle da non riuscire a restare imbrigliata solo tra le righe di uno spartito.

Punk di nascita.

«Sono stata tra le prime in Italia a fare un certo tipo di musica».

Ci voleva la Cramps Records.

«Sono felice che ieri sia stata inaugurata la passeggiata Gianni Sassi a Milano. Lui è di certo il mio padre artistico. Mi incontrò dopo un mio concerto con la Kandeggina Gang al Centro sociale Santa Marta a Milano dove eravamo in scaletta con Battiato, Kaos Rock e Alice (si chiamava già Alice o ancora Carla Bissi, non ricordo). Mi chiesero il bis ma io avevo un solo brano, ossia Sono cattiva, e lo ricantai».

La svolta.

«Alla fine Sassi mi chiese di incidere per la sua etichetta. Gli risposi: Quando?. E lui: Domani».

Altri suoi brani?

«Orrore e Violentami sul metrò che raccontava lo stupro di una ragazza in metropolitana a Milano in un'epoca nella quale si diceva che se l'era cercata perché aveva messo la minigonna».

Chi è Jo Squillo?

«Una artivista».

Ossia?

«Sfrutto l'arte e la popolarità per le mie battaglie».

Ad esempio quella per la liberazione di Chico Forti.

«Voglio ringraziare anche Andrea Bocelli e sua moglie Veronica Berti, donna unica e irripetibile: hanno fatto tanto per Chico spendendosi direttamente anche con il governatore della Florida».

Una rarità ormai.

«È cambiata la visione della vita. Al centro ci sono i soldi. Oggi sembra quasi pazzesco, ma allora, negli anni della Cramps Records, al centro c'era un progetto culturale, un percorso».

La musica di oggi?

«Rap e trap dovrebbero essere le musiche ribelli ma per loro la ribellione è dire parolacce e comprare catenoni, salvo poi andare a Sanremo per lo stesso pubblico che fino a poco prima avevano criticato».

Due attrici sessantenni hanno vinto l'Oscar.

«Michelle Yeoh ha detto la cosa giusta: Non fatevi mai dire da nessuno che non potete sognare alla vostra età».

Ma c'è davvero questo pregiudizio sulle donne agée?

«È un dato di fatto che la carriera di una donna finisca mediamente molto prima di quella di un uomo».

A proposito, tornerebbe a Sanremo, magari in coppia con Sabrina Salerno?

«Certamente sì, siamo amiche, lei sta avendo successo in Francia e io ho cantato il nostro pezzo Siamo donne anche l'altro giorno a Dubai».

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