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Architettura fascio-comunista: i buoni edifici dei regimi cattivi

L'associazione Atrium si batte per valorizzare e studiare l'edilizia delle dittature del '900. Un patrimonio di immenso valore artistico

Architettura fascio-comunista: i buoni edifici dei regimi cattivi

Aprirà il prossimo ottobre a Forlì la mostra sulle architetture e l'urbanistica nelle colonie italiane dell'Impero. Tema scottante, dato che in particolare ci si concentrerà sulle mire espansionistiche che Mussolini, durante il Fascismo, mise in atto verso alcune nazioni dei Balcani (Montenegro, Albania e Kosovo) e del Nord Africa.Una mostra che con ogni probabilità saprà suscitare scalpore già solo per il fatto di essere stata organizzata. «Ma questa è la nostra storia, è un diritto quello di potersi riappropriare di un intero patrimonio culturale, e di poterlo rendere una piattaforma per la nostra identità». A parlare è Ulisse Tramonti, forlivese classe 1946, professore ordinario di Progettazione Architettonica all'Università degli Studi di Firenze nonché un coraggioso specialista nella considerazione e nello studio di un «patrimonio scomodo» («dissonant heritage»), quale quello dell'architettura del Ventennio. Infatti il Prof. Tramonti già nel 2011 ha fatto parte del team che, intorno al Comune di Forlì, ha dato vita, grazie ad un finanziamento europeo di tre anni, ad Atrium, ovvero Architecture of Totalitarian Regimes in Urban Managements, la piattaforma, il luogo d'incontro e di studi in cui tutti i regimi del XX secolo vengono considerati non solo nello stesso modo, ma anche come una peculiarità che ha contraddistinto tutta l'Europa, con poche eccezioni, del Novecento.Il Comune di Forlì, con allora assessore alla cultura Patrick Leech, ora Presidente dell'Associazione Atrium, ha appoggiato l'iniziativa fin dalla nascita e continua anche ora con il nuovo assessore Elisa Giovannetti. Intorno a Tramonti si è stretta una squadra molto affiatata (Claudia Castellucci, Cristina Vallicelli, Flavia Cattani, Monica Pieraccini e Marino Mambelli...). Il progetto di Atrium inizialmente ha avuto come scopo la costruzione di una Rotta Culturale Europea sul tema dell'architettura dei regimi totalitari, riconoscimento ottenuto dal Consiglio d'Europa nel 2014 dopo aver raccolto materiale ingente (71 casi studi negli 11 paesi considerati: Italia, Croazia, Romania, Slovenia, Grecia, Bulgaria, Bosnia-Herzegovina, Slovacchia, Serbia, Albania, Ungheria). La Rotta Culturale è ora gestita da un'Associazione transnazionale sempre denominata Atrium, che comprendente 13 membri (tutti enti locali) in 6 paesi diversi (Italia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Grecia, Bulgaria, Romania) sempre con sede a Forlì. Quest'ultima rotta può già creare nuovi servizi e anche, quindi, nuovi posti di lavoro (nella ricezione alberghiera, le visite guidate etc). Il prof. Tramonti, figura rara per le sue visioni moderne e scevre d'ideali politici della storia, in realtà già dal 1992 aveva iniziato a concentrare le sue ricerche didattiche sul tema dell'«architettura e il potere», argomento del suo primo corso fiorentino in Università: «trovai in classe molti studenti della mia città, Forlì, e capii che i giovani sarebbero stati molto sensibili al tema».Certo, perché il centro romagnolo si trova a pochi chilometri da Predappio, luogo natale di Mussolini, e il Duce fu sempre particolarmente legato a Forlì, che durante il Fascismo venne sottoposta a numerosi interventi architettonici in stile di regime. Come si sono dimostrati attenti gli studenti del primo corso di laurea di Tramonti nella valutazione dei lasciti delle dittature come un patrimonio storico e artistico da studiare e valorizzare e non da dimenticare, così sta avendo pari successo il lavoro di Atrium in Italia e in Europa, che ancora prosegue nella sua ricerca e nell'organizzazione di attività (mostre, pubblicazioni, percorsi di viaggio, tesi dei laurea). «Atrium rifiuta totalmente il revisionismo storico specifica il professore-. Si tratta di notare caratteristiche della nostra storia europea» che, studiando l'architettura, saltano subito all'occhio: «prenda i grandi grattacieli di Mosca, sono neoclassici, come anche lo sono le architetture di epoca fascista (quella vera è dal 1936 in poi)». Interessava il ritorno alla classicità, alla perfezione antica, alla potenza dell'impero romano, in tutti i casi, comunismo e fascismo o nazismo. Insomma: esiste un patrimonio architettonico europeo che non va dimenticato, anche se legato a epoche storicamente complesse e che andrebbero valutate insieme, per quel che hanno rappresentato: le tracce architettoniche dei regimi totalitari che hanno caratterizzato il XX secolo possono diventare una fonte importante di sviluppo locale, se gestite e valorizzate come una rotta culturale trans-nazionale dice ancora il professore. Certo, ancora i lavori da fare sono molti: anzitutto è necessario allargare il campo di ricerca. Quando dipendeva dal finanziamento europeo infatti l'area in cui Atrium si è mossa poteva riguardare, in base al finanziamento ottenuto, solo il Sud Est Europa. Mancano paesi come la Germania, la Spagna e il Portogallo, «la Polonia rientra in alcuni progetti specifici, stiamo iniziando a collaborare». E, se in generale non ci sono state ostilità da parte dei Paesi inclusi nell'approfondire certi temi, è anche perché «abbiamo lasciato molta autonomia ad ogni nazione inclusa da Atrium»: il lavoro svolto finora ha soprattutto raccolto il maggior numero di testimonianze architettoniche di regime da studiare.Ogni nazione forniva i propri casi di studio alla sede di Forlì.L'Associazione sta lavorando in questo periodo per allargare la sua membership ad altri paesi, in particolare alla Germania. Anche se proprio la Germania, secondo Atrium, è una delle nazioni che più ha avuto il coraggio di assunzione delle sue responsabilità.

Ci sono, a dire il vero, città che non hanno voluto entrare a far parte di Atrium, come Velenje in Slovenia («perché ritengono che l'aggettivo Totalitario contenuto nell'acronimo Atrium non sia corretto in riferimento al comunismo jugoslavo»), ma in generale i vari Paesi inclusi sembrano interessati al cambio di mentalità sostanziale che Atrium propone, e collaborano attivamente: «abbiamo dato inizio ad un processo di conoscenza dei beni, su cui basare la propria identità europea. Noi crediamo molto nell'Europa, altrimenti tutto ciò che stiamo facendo non avrebbe senso».

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