Esce oggi la terza e ultima stagione di "Suburra", la migliore produzione originale italiana di Netflix in circolazione, l'unica ad attestarsi, in termini di qualità, al livello dei migliori titoli internazionali editi dal colosso dello streaming.
I sei episodi sono un concentrato, in crescendo, di accadimenti a dir poco inaspettati, perfetti per essere visti consecutivamente, in preda al binge watching.
La terza stagione si ricollega al finale della seconda, in cui era finito in coma Manfredi (l'ottimo Adamo Dionisi). Spadino (Giacomo Ferrara), il giovanissimo fratello di quest'ultimo, è ora salito al potere nella famiglia sinti degli Anacleti. Il ragazzo e Aureliano (Borghi), principino della Ostia criminale, puntano a conquistare il traffico di droga destinato a Roma Nord, assieme alle rispettive compagne, Angelica (Carlotta Antonelli) e Nadia (Federica Sabatini), donne sveglie e autoritarie, che passano dal guardarsi in cagnesco alla più vera delle sorellanze. Per diventare i nuovi reggenti di Roma i quattro hanno a disposizione anche il Giubileo, occasione di intercettare un fiume di denaro grazie alle pressioni mosse da Cinaglia (Filippo Nigro) sul Cardinal Nascari (Alberto Cracco).
Nei nuovi episodi si va determinando la distruzione degli equilibri di potere tra tutti i personaggi. Già nel primo si assiste a un evento che taglia i ponti con la linea temporale del film "Suburra" (2015) di Stefano Sollima, di cui la serie nasce come prequel. Tale colpo di scena dà origine a una vera e propria storia alternativa rispetto a quanto narrato nel lungometraggio. Del resto, alla luce del grande consenso ottenuto, la serie si pone ormai come prodotto a sé stante e può permettersi il lusso di essere in contrasto con quanto raccontato nel romanzo e nel film da cui trae ispirazione.
Ciò detto, il magma da cui muove è il medesimo: azioni deprecabili, personaggi senza possibilità di redenzione e interessi malefici che coinvolgono Politica e Chiesa.
Trattandosi di soli sei episodi, avviene che figure importanti spariscano repentinamente e che i giochi legati ad affari loschi siano sviscerati, a questo giro, in modo un po' sbrigativo e poco approfondito. Indubbio che la narrazione catturi ugualmente, specie grazie all'eccezionale talento degli attori principali (brillano Borghi e la Antonelli).
Tra criminali che sembrano tali a occhio nudo e altri, non meno feroci, contraddistinti da giacca e cravatta o abito talare, si distinguono Aureliano e Spadino, diversi da tutti, protagonisti di un affetto fraterno osteggiato dalle rispettive famiglie, da sempre rivali sulla scacchiera del crimine. I due, legati da un sentimento vero e indissolubile, vivranno un bromance drammatico e dagli accenti shakespeariani, che porterà a un epilogo crudele e struggente.
Se "Suburra" si guarda con piacere è perché non si fossilizza mai su azione e sparatorie, scegliendo invece di addentrarsi nei meandri della psiche e del tessuto emotivo dei
malavitosi di cui racconta. Una vera e propria indagine sull'anelito al potere e alla ricchezza, ma anche sui punti deboli (spesso legati agli affetti) di chi ha fatto dell'essere senza scrupoli il perno della propria vita.
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