L’attesissimo Black Widow, nuovo film Marvel dedicato interamente alla Vedova Nera interpretata da Scarlett Johansson, arriva oggi finalmente al cinema dopo che l’uscita è slittata di ben quattrodici mesi a causa della pandemia.
A due anni di distanza dall'ultimo capitolo del Marvel Cinematic Universe, i fan hanno finalmente accesso al primo titolo della cosiddetta Fase Quattro e saranno lieti di sapere che sia valsa la pena aspettare così a lungo: “Black Widow” conferma le alte aspettative grazie alla qualità dello spettacolo visivo e della scrittura.
Il racconto riguarda quanto accaduto a Natasha (alias Black Widow, appunto) nel periodo che separa “Captain America: Civil War” da “Avengers: Infinity War” e approfondisce il personaggio illuminandone il contesto d’origine. Miscelando al meglio dramma, spy-thriller e siparietti ironici, il film è consapevole di rivolgersi ad un pubblico che conosce già il destino del personaggio, ossia quello di sacrificarsi per il bene dell'umanità, ma appaga chi l’ha amato mostrandone il lato più intimo. Ecco che va in scena l’essere umano che sta dietro la maschera, quello che più porta i segni della vita, in particolare del modo in cui è stato allevato. Nel caso di Natasha scopriamo ora molte più cose circa il suo apprendistato da spia letale, in modo da meglio comprendere come un’assassina sia divenuta un’eroina ma, soprattutto, quanto possa restare labile il confine tra queste due etichette. Il super potere della Vedova Nera, in sostanza, è di quelli che anche una persona normale può aspirare ad avere: restare in piedi nonostante le avversità della vita. Come chiunque sia stato forgiato dal mantra “il dolore rende più forti”, la protagonista sa cosa siano il coraggio e il sacrificio ma l’ha imparato a caro prezzo. Quella che osserviamo è una donna risolta ma che non ha ancora elaborato ferite antiche, legate al suo essere bambina in una famiglia non solo disfunzionale, ma fasulla, di copertura. Quando l’eterna ricerca di un nucleo di persone con cui potersi sentire a casa si accompagna alla fiducia tradita di chi è stato sottoposto a plagi psicologici, la difesa diventa automatica e si innalzano muri emotivi difficili da abbattere. Proprio quanto successo alla piccola che nel 1995, nell’incipit del film, sulle note di una bellissima versione di “Smell Like Teen Spirit”, troviamo in Ohio assieme ai genitori e ad una sorellina, poco prima di essere loro strappata via per finire nella famigerata Stanza Rossa, sede operativa di un programma segreto russo atto a creare agenti killer. Quando, anni dopo, viene recapitato a Natasha l’antidoto all’asservimento chimico che Dreykov (Ray Winstone) continua a praticare nel luogo da cui lei è l’unica ad essere riuscita a fuggire, nella mente e nel cuore della nostra Avenger l’imperativo morale è uno solo: chiudere il cerchio col passato.
In oltre due ore di durata si assiste a una lunga serie di grandi effetti visivi e di corpo a corpo mozzafiato: si va da un inseguimento per le strade di Budapest a un'evasione in uno scenario innevato, per finire a una lotta all’ultimo sangue con un’antagonista programmata per replicare le mosse dell’avversario. Se le scene di combattimento ricordano quelle di “Atomic Blonde”, le sequenze action più scenografiche sono in stile “Bourne” e “Mission: Impossible”.
A eccezione che per un villain decisamente bidimensionale, il cast di supporto brilla come non mai: nei panni della sorellina Yelena c’è una futura superstar, Florence Pugh, tanto giovane quanto carismatica, mentre in quelli dei genitori abbiamo un’iconica ed ironica Rachel Weisz e uno spassosissimo Ray Winstone.
L’anima femminista è ben amalgamata alla storia. Del resto Black Widow, dalla sua prima apparizione in “Iron Man 2” in cui appariva molto sessualizzata, appare ora diversa, maturata in modo da abbracciare il repentino cambiamento di costume che, a livello globale, si interroga circa la parità tra i generi come mai prima d’ora. Il film parla dell’oggettivazione del femminile in modo parossistico ma efficace, dipingendo un esercito di donne robotiche, addestrate e manipolate perché private del libero arbitrio dal patriarca di turno.
Esaltante, audace e potente, “Black Widow” promuove un’emancipazione da prigionie anche interiori e vede nella sorellanza la chiave di volta di ogni volontà di liberazione.
Ci ricorda inoltre che anche chi esprime al meglio il suo potenziale nel mondo, non è detto sia risolto a livello di legami familiari e che riappacificarsi con se stessi può anche voler dire prendere coscienza dei propri manierismi e sorriderne.
Al netto della solita punteggiatura comica targata Marvel, “Black Widow” è soprattutto un cammino alla ricerca di radici, spiegazioni e rese dei conti.
Al tempo stesso un omaggio e un lungo congedo nei confronti di un personaggio intenso e appassionato come l’attrice che lo interpreta.Fatevi un regalo: scegliete di godervelo su grande schermo (restando ovviamente per la scena dopo i titoli di coda). In streaming sarà invece visibile su Disney Plus con accesso Vip dal 9 Luglio.
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