Quando, nel 1959, Walpola Rahula, primo bhikkhu, monaco buddhista, titolare di una cattedra universitaria occidentale (alla Northwestern University), pubblicò in inglese L'insegnamento del Buddha, voleva spiegare il buddhismo agli occidentali, con linguaggio comprensibile e rigoroso, facendo riferimento ai testi in lingua pali considerati da tutti gli studiosi come le memorie più antiche dell'insegnamento del Buddha. Il testo è oggi riproposto da Adelphi (pagg. 231, euro 14, traduzione di Maria Angela Falà) con prefazione di Paul Demiéville e non ha perduto un grammo di freschezza e attualità, restando imprescindibile per chi voglia accostarsi a questa religione o filosofia.
Resta valido il messaggio di fondo di tolleranza che l'autore ha trasmesso per delineare l'atteggiamento mentale buddhista. Come pure la definizione del Buddha «uomo per eccellenza»: qualunque uomo può diventare Buddha, perché «l'uomo è padrone di se stesso e non deve cercare aiuto in altri». Buddha è «salvatore», nel senso che ha scoperto e mostrato il Sentiero che conduce al nirvana, alla liberazione. Colpisce anche ora la libertà di pensiero, senza eguali nella storia delle religioni; indispensabile in quanto, per Buddha, l'emancipazione dell'uomo dipende dalla conquista della Verità e non da un potere esterno. Asoka, imperatore buddhista dell'India del III secolo a.C., in un editto inciso su roccia, ancora leggibile, dichiara: «non si dovrebbe onorare solo la propria religione e condannare le religioni degli altri, ma si dovrebbero pure onorare le religioni degli altri per una ragione o per l'altra. Così facendo, si aiuta la propria religione a crescere e si rende un servizio anche alle religioni degli altri. Comportandosi altrimenti, si scava la tomba alla propria religione e si danneggiano le altre».
Rahula adatta il buddhismo al mondo contemporaneo, illustrando i punti essenziali della dottrina: le Quattro nobili verità, l'Ottuplice sentiero, le forme di meditazione. Certo, compassione e umanitarismo, in questo aureo libretto occidentale, sono dominanti.
Rispetto, ad esempio, a La Dottrina del Risveglio di Julius Evola, testo maledetto ma straordinario, in cui è ben spiegato l'originario nucleo essenziale del buddhismo, metafisico e iniziatico. Buddha non fu un brahmâna, ma un guerriero. Il buddhismo era «aristocratico» e la sua forza virile e guerriera contrasta con le sfaldate interpretazioni contemporanee, quietistiche e umanitarie.
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