Corona e Righetto scalano in coppia un sillabario alpino

Corona e Righetto scalano in coppia un sillabario alpino

Il passo del vento. Sillabario alpino (Mondadori, pagg. 228, euro 18) di Mauro Corona e Matteo Righetto è un libro facile, da leggere (volendo) prima del sonno. Poi, con il sonno, arrivano i sogni, e anche gli episodi apparentemente più effimeri, trasfigurati, rivelano un nuovo volto. Il volume, a ben guardare, è un sillabario, come indica il titolo. I sillabari servono per imparare a leggere. Leggere le montagne, in questo caso: procedendo in ordine alfabetico vi si trovano, fra le altre, le parole «Abete», «Appiglio», «Baita», «Cordata», «Camoscio», «Fienile», e così via fino allo «Zaino» e alla «Zuppa». Una cordata, quella di Corona e Righetto, che, per dirla in metafora, apre per noi lettori una via semplice, che, un appiglio alla volta, conduce in vetta. Ogni parola con il suo senso compiuto autonomo. Senza un filo conduttore o il complesso intreccio di personaggi da ricordare che, dopo alcune pagine, tornano. Niente di tutto ciò. Ma sotto parole, per lo più di uso comune, si trovano filigrane sorprendenti. Tutti i vocaboli sono proposti da uno scritto di uno o di entrambi gli autori, spesso confortati dalle loro esperienze di vita, lo scultore scrittore di montagna Corona e lo scrittore giornalista Righetto, di cui emergono i tratti stilistici distintivi.

Ne l'«Albero», Corona scrive: «Se mi chiedessero di salvare uno solo dei miei libri, opterei per Il canto delle manére» perché, continua: «Tutti i romanzieri hanno fatto combattere l'uomo con l'animale o, se vogliamo, la bestia», ma: « Mai che abbiano fatto combattere l'uomo con un soggetto fermo. Una cosa immobile, piantata nella terra come un albero». «Mi piaceva l'idea di mettere in competizione l'intelligenza umana e la fissità della pianta». E conclude così: «Il nonno diceva: Sta' attento: quando tagli un albero gli fai le gambe, e con quelle si mette a camminare, senza sapere dove va. Pensa a mio fratello. Era vero. Ho visto alberi, tramite giochi di incastro con altri, fare qualche metro prima di cadere stesi. O rimbalzare su una gobba del terreno e proiettarsi in aria come molle, col rischio di strapparti la faccia».

E, proseguendo fra le pagine, vi si trova anche questa «Gemma» di Matteo Righetto: «Nella civiltà in cui viviamo, il silenzio e la decenza vengono considerati temibili stranieri.

Accogliamoli come gemme preziose, e saremo rivoluzione». Fra lo «Sterco» e lo «Stròbilo» cercavamo la «Strenna», ma non essendo esclusivamente alpina, non l'abbiamo trovata. Poco male: potrebbe tradursi in agile strenna il libro stesso.

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