A undici anni da "Gran Torino", Clint Eastwood torna a dirigere se stesso in "Il corriere - The Mule", e fa più che mai centro regalando ai suoi estimatori un film sobrio e magnifico, con vari momenti divertenti ma anche con uno struggente intento testamentario.
Scritto da Nick Schenk (già sceneggiatore di Gran Torino), il film è tratto da una storia vera raccontata anni fa in un articolo di Sam Dolnick per il The New York Times.
Earl Stone (Clint Eastwood), appassionato floricoltore dell'Illinois, alla soglia dei novant'anni vede andare i suoi affari in fumo a causa dell’avvento delle vendite online. Persa l'azienda e la casa, non può contare sulla famiglia poiché, anteponendo sempre la professione agli affetti, è stato un pessimo padre e marito. Si trova quindi obbligato a reinventarsi e accetta la proposta di uno sconosciuto che, colpito dalla sua attitudine alla guida, gli offre di trasportare merce lungo le autostrade del Midwest. Il lavoro consiste nel caricare in un garage e consegnare in un motel senza fare domande. Quando Earl si accorge che si tratta di carichi di droga sempre più ingenti va avanti lo stesso nella remunerativa attività: ormai è il miglior corriere di un cartello messicano e nessuno potrebbe essere più insospettabile di lui. Sarà comunque braccato da un agente della DEA (Bradley Cooper) e messo in discussione da nuovi boss.
Non è la prima volta che Eastwood dimostra di essere un gigante dietro e davanti alla macchina da presa, eppure "Il corriere - The Mule" ha un fascino particolare, forse perché alla veneranda età di 88 anni il grande cineasta riflette sul tempo che gli resta e su come abbia speso la sua vita. Aveva detto che non avrebbe più recitato e invece eccolo qua, un po' curvo ma ancora incredibilmente carismatico, a indossare un nuovo alter ego di se stesso che ha molte assonanze con il personaggio di Gran Torino, Walt Kowalski. La rabbia e il disprezzo per i cambiamenti del mondo circostante che caratterizzavano quel personaggio sono però ora sfumate in rassegnata, anche se sprezzante, accettazione. Movimenti lenti, sguardo profondo e orgoglio generazionale, Earl è un galantuomo vecchio stile che non rinuncia a dire quello che vuole, anche se sconveniente. Pungente, acuto e privo di filtri, rivendica il diritto a essere naturale, ossia politicamente scorretto, scambiando lesbiche per uomini, definendo “negri” una coppia di afroamericani e trattando i messicani da "fagioli rossi", senza per questo mancare di educazione.
Earl, focalizzato su un presente da prendere con leggerezza e forse ispirato dall'aver sempre coltivato un giglio la cui fioritura dura un solo giorno, si dirige verso la destinazione, di consegna ed esistenziale, prendendosela comoda e godendosi il viaggio (con deviazioni per mangiare il miglior panino e soste per dormire in buona compagnia).
Gioca col proprio mito il vecchio Clint, ora chiamando "Gunny" un bar sulla strada, ora increspando il sopracciglio di fronte a spacciatori armati fino ai denti. La sua è una performance in cui l'adesione fisica e psicologica al personaggio è totale: sembra essere perfettamente a suo agio nei panni di questo edonista coraggioso e testardo che inizia a elaborare il rimorso per aver sacrificato i valori familiari alla professione. Nel ruolo della figlia del protagonista c'è quella vera di Eastwood, a conferma di quanto di personale ci sia nell'ammenda di peccati che non rinnega di essersi divertito a compiere.
"Il corriere - The Mule" è un'opera
crepuscolare ma piena di vita, una ricerca del tempo perduto in cui rimpianto, malinconia e autocritica cedono il passo a giocosità e autoironia.Perché il senso di tutto, forse, è un canticchiare contagioso lungo il cammino.
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